Da anni Lapressa.it offre una informazione libera e indipendente ai suoi lettori senza nessun tipo di contributo pubblico. La pubblicità dei privati copre parte dei costi, ma non è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge, e ci segue, di darci, se crede, un contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di
modenesi ed emiliano-romagnoli che ci leggono quotidianamente, è fondamentale.
In Europa, su una popolazione di circa 510 milioni di abitanti, il 15% circa dei suoi abitanti vive in uno stato di “privazione sociale o materiale”. Vale a dire che poco più di 78 milioni di europei vivono in condizioni di povertà. Purtroppo, in termini assoluti, l’Italia è al primo posto della triste classifica, con circa 10,5 milioni di cittadini che faticano a tirare avanti: a pagare l’affitto con regolarità, o a pagare le bollette delle utenze domestiche.
In termini relativi però la classifica cambia. Le percentuali dei poveri rispetto alla popolazione residente sono ben diverse, con la Romania al primo posto con un tasso di povertà del 49,7%, seguita a ruota dalla Bulgaria con il 47,9% e dalla Grecia con il 35,6%.
Dati impressionanti, conseguenza di una crisi socio-economica che sta sempre più evidenziando i limiti e le contraddizioni di un sistema sociale che non regge più, che vede sempre più aumentare il divario tra “i privilegiati” ed i “comuni cittadini”, sui quali pesa un passato di scelte politiche ed economiche sbagliate.
Gli italiani faticano ad uscire dalla crisi. La crisi di un “sistema” che non è più in grado di garantire ai “comuni cittadini” – da distinguere dalle classi privilegiate appartenenti a questa o quella corporazione, prima tra tutte i politici di ogni categoria e orientamento – quei diritti sanciti, e tanto conclamati, dalla nostra costituzione.
Negli ultimi due anni, tuttavia, la situazione sembra essere migliorata. In Europa nel 2014 si contavano ben 98,1 milioni di poveri. In Italia nello stesso periodo il numero di cittadini in condizioni di povertà è calato di 3,4 milioni di unità.
Sintomo di una ripresa che stenta a “partire”? O molto probabilmente un effetto (temporaneo) delle riforme messe in atto dal Governo negli ultimi due anni?
In Italia come in Europa sono soprattutto i cittadini con basso livello di scolarizzazione a vivere in stato di privazione. Diplomati e laureati hanno più probabilità a trovare un impiego sicuro (così si evince dai dati pubblicati da Eurostat). Quanto affermato da Eurostat troverebbe conferma dalla situazione del nostro Paese, dove il tasso di diplomati e laureati del 26,2% è di molto inferiore rispetto alla media comunitaria del 39,1%. Ma la Commissione europea non si ferma qua. Il tasso degli abbandoni scolastici, infatti, è superiore rispetto alla media comunitaria (13,8% contro il 10,7% Ue).
Secondo l’Istat nei prossimi anni, il numero di cittadini italiani a rischio di povertà o esclusione sociale, è pari a 18 milioni (il 30% circa della popolazione residente). Una previsione, si spera errata, che se associata ad una disuguaglianza dei redditi maggiore rispetto alla media dei Paesi europei, dovrebbe preoccupare i nostri governanti. Secondo l’istituto di statistica, infatti, nel 2015 le famiglie italiane hanno registrato “una significativa e diffusa crescita del reddito disponibile e del potere d’acquisto” associata tuttavia “a un aumento della disuguaglianza economica e del rischio di povertà o esclusione sociale”.
Andrea Lodi