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Fase 2, la Fiab e Isde scrivono a Muzzarelli: 'Ecco vera innovazione'

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Le proposte in un documento firmato dall'architetto Federico Zanfi, il meteorologo Luca Lombroso e il professor Matteo Agnoletto


Fase 2, la Fiab e Isde scrivono a Muzzarelli: 'Ecco vera innovazione'
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'Proposta per innovare la mobilità urbana modenese nella Fase 2 mediante la realizzazione rapida ed economica di Dorsali ciclabili di emergenza. Un patto tra amministrazione, aziende e cittadini raccontato in 7 punti'. E' questo il tema del documento firmato Federico Zanfi, architetto e docente di urbanistica del Politecnico di Milano, Luca Lombroso, meteorologo AMPRO e Matteo Agnoletto, architetto e docente di composizione architettonica dell'Università di Bologna. Documento sottoscritto da Fiab, Medici Isde (già autori di un recente intervento sul tema ambientale), Fridaysforfuture Modena e Ingegneria senza Frontiere e inviato al sindaco di Modena Muzzarelli e all'assessore Filippi.

Eccoli dunque i 7 punti:

1. Un contesto critico da interpretare in modo strategico. Ci attende una fase di convivenza col virus Covid-19 presumibilmente lunga e di cui non è oggi possibile mettere a fuoco tutte le caratteristiche.

Ciò che sappiamo è che durante questa fase, oltre alla ripresa graduale delle attività, dovremo adottare nuovi stili di mobilità e di frequentazione degli spazi esterni che consentano sia i movimenti indispensabili sia i minimi livelli di interazione sociale, ma garantendo il necessario distanziamento tra individui. Ciò avrà ricadute importanti sull’organizzazione della mobilità urbana, poiché la capacità dei sistemi di trasporto pubblico locale sarà fortemente limitata dalle disposizioni di prevenzione sanitaria. Se la domanda di mobilità individuale che ne deriverà non sarà governata e indirizzata, concorrerà rapidamente a generare livelli di congestione, incidentalità e insalubrità nelle nostre città e nei nostri territori urbanizzati maggiori di quelli precedenti all’emergenza e al lockdown.

2. Rete di Mobilità di Emergenza come infrastruttura fondamentale per la “ripartenza”.

Una trentina di associazioni e diversi esponenti del mondo della ricerca hanno sottoscritto una lettera indirizzata al Governo, alla Commissione Colao e ai vertici di ANCI in cui si avanzano proposte relative alla mobilità urbana per la Fase 2. Tra queste, la più incisiva riguarda la realizzazione di “Reti di Mobilità di Emergenza” (RME) che consentano di muoversi in sicurezza nelle città italiane senza automobile, cioè camminando, pedalando o impiegando altri dispositivi di micro-mobilità quali monopattini o deambulatori. Reti che attraversino lo spazio urbano riducendo la quota di suolo pubblico oggi dedicata al transito e alla sosta delle automobili, che mettano in connessione i principali quartieri residenziali con i principali luoghi del lavoro e dei servizi, e che si realizzino mediante opere leggere, reversibili e di rapida attuazione (il manuale della RME fornisce esempi concreti di segnaletica orizzontale e verticale low-cost e stima un costo di realizzazione chilometrico di appena 8.000 € per i nuovi percorsi).

3. Gli aiuti del Governo, le iniziative delle Amministrazioni locali, lo scenario europeo. In linea con questa iniziativa la Ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola de Micheli ha annunciato un ventaglio di misure che vanno nella direzione di incentivare scelte modali più sostenibili dal punto di vista sanitario e ambientale – in particolare modifche al Codice della strada che consentano di realizzare RME in via transitoria – e diverse città si sono già mobilitate entro tale prospettiva. Milano e Bologna, tra le altre, hanno disposto importanti strategie di adattamento delle proprie reti ciclabili, sia prevedendo nuovi percorsi sia rivedendo le priorità di cantieri già pianifcati. Fuori dall’Italia lo scenario è ancor più maturo. Berlino ha allargato le corsie della propria rete ciclabile per aumentarne la capacità e consentire il distanziamento individuale (e il Ministro della Salute tedesco ha raccomandato a tutti i lavoratori di muoversi il più possibile a piedi o in bicicletta). Bruxelles e Parigi hanno dato precedenza a pedoni e biciclette riducendo la velocità in estese porzioni delle loro aree urbane, trasformandole in zone lente a 10 e 20 km/h (e a Parigi Anne Hidalgo è nettamente in testa al primo turno, anche grazie alla sua politica pro-bici, che è stata uno dei temi centrali della campagna elettorale).

4. A Modena: il quadro della mobilità urbana e le proposte per la Fase 2 già in campo. A Modena il quadro è molto diverso. L’automobile privata costituisce la modalità di movimento prevalente (oltre i due terzi degli spostamenti giornalieri), anche per distanze brevi (il 45% dei tragitti compiuti in auto nell’area urbana non supera i 2,5 km), con effetti noti in termini di qualità dell’aria e congestione. Meno di un terzo degli spostamenti si rivolge poi a modalità sostenibili, tra cui circa un 10% dei tragitti effettuati in bicicletta – un dato importante, che tuttavia non ha conosciuto incrementi negli ultimi anni e secondo i rilevamenti di FIAB è in calo. Una signifcativa domanda di mobilità proviene infne dagli abitanti dei comuni di cintura che quotidianamente gravitano sul capoluogo. Per tutti questi utenti della strada, a fronte di una drastica riduzione del trasporto pubblico – l’amministratore di aMo Andrea Burzacchini ha indicato una serie di provvedimenti che ridurranno la capacità complessiva del servizio nella Fase 2 al 30% di quella attuale –, è urgente pianifcare e agevolare uno spostamento della domanda oggi rivolta all’automobile verso soluzioni di mobilità più attive e sostenibili, sul modello della RME (anche per distanze nell’ordine degli 8-10 km, contando sulla diffusione delle biciclette a pedalata assistita). In questa prospettiva, la stessa FIAB ha proposto alcuni interventi puntuali per potenziare le infrastrutture a sostegno della ciclabilità in alcuni nodi e lungo alcuni assi di particolare criticità, così da rendere meglio accessibili alcune zone residenziali e alcuni poli di attrazione di traffico oggi non serviti.

5. Una prospettiva di reinfrastrutturazione estesa all’intera città: le Dorsali. Qui si propone di rifettere su una prospettiva d’azione più sistemica e ambiziosa, e di considerare la ripresa che ci attende nei prossimi mesi come l’occasione storica per anticipare mediante soluzioni leggere un sistema di mobilità alternativo all’automobile esteso all’intera città. La rotta lungo la quale compiere questo salto di qualità è peraltro già tracciata. Il Consiglio Comunale ha deliberato nel febbraio 2019 un Documento di indirizzi per il nuovo Piano Urbanistico Generale nel quale si prevede una strategia di reinfrastrutturazione della città basata su una griglia di Dorsali ciclabili, che si propongono di fornire un’alternativa praticabile all’automobile nei percorsi casa-lavoro e casa-scuola. Tali Dorsali – già recepite nel Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS 2030) adottato dalla Giunta nel marzo 2019 – collegano le aree industriali, artigianali e i grandi attrattori di mobilità (come ospedali, università, plessi scolastici e centri direzionali) con i principali quartieri residenziali e si estendono fno alle frazioni. Sono percorsi rettilinei e prioritari, pensati sul modello delle “superstrade ciclabili” che diverse città europee hanno realizzato in anni recenti: prevedono corsie dedicate e mono-direzionali, con linee di arresto avanzate per le biciclette ai semafori, e sono realizzate nella carreggiata stradale e non più sul marciapiede (liberando quindi spazio pubblico per la mobilità pedonale di prossimità e per i nuovi dehors, indispensabili per molte attività nella Fase 2).

6. Attuazione prioritaria mediante collaborazioni pubblico-private. Tutti gli sforzi e le risorse relativi alle infrastrutture per la mobilità sostenibile dovrebbero nei prossimi mesi concentrarsi sulla costruzione rapida di questo sistema, nella sua interezza. L’estate può consentire di portare a termine un cantiere diffuso e dotare Modena, in tempo per la ripresa scolastica di settembre, di una infrastruttura ciclabile low-cost sicura ed efficiente. “Temporanea”, certamente, ma diffusa e articolata secondo un disegno di struttura complessivo e quindi in grado di compensare l’accresciuta domanda di mobilità individuale che, laddove l’alternativa è meno praticabile, si rivolgerà gioco forza all’automobile. Due modalità di fnanziamento e di attuazione coordinate potrebbero essere decisive per il raggiungimento di tale obiettivo. Da un lato l’Amministrazione, oltre a coordinare su questo progetto gli uffici comunali come ha dimostrato di saper fare in occasione del concerto Modena Park nel luglio 2017, dovrebbe riorientare verso la realizzazione delle Dorsali ciclabili di emergenza una parte degli investimenti già stanziati per altre opere infrastrutturali – anche ciclabili – più costose e meno prioritarie. Da un altro lato, i soggetti più robusti del mondo delle imprese e della distribuzione commerciale che si trovano localizzati nelle aree servite dalla rete ciclabile in questione potrebbero “adottare” – individualmente o consorziati – la Dorsale dalla cui realizzazione sarebbero maggiormente benefciati (riorientando nella forma di un cofnanziamento a opere di pubblica utilità il loro impegno in Responsabilità Sociale o le più consolidate azioni di marketing nello spazio urbano, come le installazioni nelle rotatorie stradali). Il tratto di via Emilia Ovest tra l’Ottavo campale e la Fiera (4 km), su cui si attestano numerose importanti aziende – aziende per cui la difficoltà nel reperire aree a parcheggio per i propri dipendenti rappresenta talvolta un limite all’espansione delle attività produttive – potrebbe essere un rilevante progetto pilota da sviluppare insieme.

7. La necessità di una ripartenza nel cambiamento: un patto nuovo. Sarebbe un errore considerare la ripartenza che auspicabilmente ci attende nei prossimi mesi come un ripristino del modello di funzionamento urbano che conosciamo. La discontinuità provocata dalla quarantena che ci stiamo lasciando alle spalle dovrebbe ispirare una ripartenza nel segno del cambiamento, e precisamente nel segno di un patto tra amministratori, aziende e cittadini per un migliore uso dello spazio stradale. Un nuovo patto in cui si tratterà – rispettivamente – di ripensare le previsioni in termini di investimenti pubblici, le prassi di organizzazione della mobilità dei dipendenti e dei clienti, e le proprie abitudini negli spostamenti quotidiani. Un’adeguata infrastruttura deve necessariamente anticipare e stare alla base di questa innovazione. I vantaggi non sarebbero solo quelli, importanti e noti, relativi alla salubrità, all’efficienza e al benessere complessivi dell’ambiente urbano. Il ripensamento dello spazio pubblico stradale nelle forme qui suggerite accrescerebbe la capacità di tutti i cittadini – in tutte le fasi della loro vita – di muoversi col proprio corpo nella città, contribuendo alla riduzione delle disuguaglianze socio-spaziali e all’accrescimento dell’autonomia dei soggetti vulnerabili (in particolare dei più anziani, dei disabili e dei più giovani) su cui la società civile tutta – istituzioni, ma anche cittadini, imprese e terzo settore – è ingaggiata da tempo e che guadagnerà rilievo nella fase post-Covid. Precisamente quello di cui abbiamo bisogno per rendere meno fragili le nostre forme di organizzazione urbana, di fronte a un futuro in cui l’incertezza e la vulnerabilità, non solo a causa della pandemia, assumono tratti di inedita radicalità.

Redazione Pressa
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