Biblioteca Estense non è un Museo. E' luogo di vita, oltre il silenzio
 
  
Rammento l’animazione che si percepiva nelle sale, le macchine fotocopiatrici, il planetario per la riproduzione dei libri tutelati, i lettori dei microfilm...
Poi, lo scorrere delle sale storiche: una gioia riscoprirle nella loro ripristinata originalità, dalle scaffalature settecentesche di Pietro Termanini a quelle ottocentesche, più rigorose e razionali, senza lo sconcio dei boxes di plexiglass e con le pavimentazioni di cotto, uniformemente tirato a lucido. E ancora, eliminate le calate di barre di neon, le luci attuali accarezzano, senza accecare i dorsi secolari dei libri e le straordinarie mappe e portolani, la Catalana, il Cantino, la Castiglione… Tutto impeccabile e solenne, in un’atmosfera di raccolto silenzio.
Ecco, proprio il silenzio mi ha colpita: non la ricordavo così, anzi! Rammento l’animazione che si percepiva nelle sale, le macchine fotocopiatrici, il planetario per la riproduzione dei libri tutelati, i lettori dei microfilm e delle microfiche, le stampanti… Silenzio. La Sala di Consultazione deserta, pochi gli impiegati, peraltro solerti e disponibili proprio come in passato li ricordavo, appassionati e consapevoli del ruolo e della storica grandezza del “loro” istituto. Un museo, mi sono detta, non è più una biblioteca, ma è diventata un museo!
Siamo nell’era digitale, molto è cambiato nella configurazione degli istituti di cultura, come biblioteche e archivi, ma l’Estense, biblioteca non sembra davvero più esserlo, in quanto, per sua stessa definizione, una biblioteca deve essere viva, non un’esposizione di libri o addirittura di dorsi da guardare. I libri vanno acquistati, sfogliati, consultati, studiati, letti, riprodotti, amati. Se da un lato ho visto con grande compiacimento la rinnovata bellezza del “vaso contenitore” e ho gioito per lo scampato pericolo del trasferimento nella sede del Sant’Agostino, dall’altro mi chiedo se sia stato giusto museificarla in questo modo.
Che fare? Ritornare a fornire i servizi di un tempo? Acquistare la produzione scientifica aggiornata relativa ai rami di maggior interesse per provvedere ai (già pochi) studiosi gli strumenti di approfondimento? Proseguire a tappeto con la digitalizzazione via via di tutti gli straordinari fondi? Molti anni fa Billanovich, mai troppo favorevole, anzi critico nei confronti delle mostre bibliografiche, lamentava che le rassegne di volumi esposti ai frontespizi, ai capopagina, alle legature, alle illustrazioni gli ricordavano le mostre di tabacchiere. Non sono della sua idea: anche le mostre bibliografiche possono avere efficacia e rigore, ma la biblioteca non deve ridursi a questo pena la perdita della propria essenza.
Anna Rosa Venturi - già direttore della Biblioteca Estense, e nel direttivo di Italia Nostra Modena
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