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Diletta Guglielmi, da Crema a New York per diventare quello che sa di essere: un'attrice

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'Non c’è un’altra cosa al mondo che vorrei fare. Sento che questa è la mia strada, ne sono sicura. Non è una strada facile, ma ci proverò con tutta me stessa'


Diletta Guglielmi, da Crema a New York per diventare quello che sa di essere: un'attrice
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Dall'Italia è approdata negli Stati Uniti per realizzare il suo sogno, quello di diventare un'attrice. Un obiettivo che si sta realizzando. Diletta Guglielmi si racconta su La Pressa e la sua è una storia fatta di determinazione e gentilezza, unita alla certezza di sapere cosa si vuole fare perchè il 'cosa' coincide con la propria stessa identità. Senza piani B, del resto, come afferma Diletta, 'non c’è un’altra cosa al mondo che vorrei fare. Sento che questa è la mia strada, ne sono sicura'.

Innanzitutto qualche dato anagrafico, quanti anni ha e dove è cresciuta
in Italia.
'Ho 23 anni, sono nata e cresciuta a Crema, dove ho frequentato le scuole fino alla maturità (liceo artistico). Crema è una cittadina molto carina e tranquilla, ma mi è sempre stata un po’ stretta.

Infatti, poco dopo aver compiuto 18 anni, appena finito il liceo, sono partita per l’Australia, dove ho vissuto un anno straordinario, visitando posti bellissimi con uno zaino in spalla e lavorando in ostelli per avere in cambio un alloggio'.

Come è maturata la scelta di intraprendere la professione di attrice?
'La scelta di intraprendere la carriera d’attrice è avvenuta durante un viaggio di piacere a New York. Era febbraio del 2020, poco prima della pandemia. Ero in un periodo abbastanza difficile, mi sentivo molto persa e molto sola, l’Australia mi mancava terribilmente, tornata a Crema mi ero ritrovata con davvero pochi amici, da pochi mesi avevo iniziato a studiare lingue e relazioni internazionali a Milano, ma non mi piaceva proprio. Ero piena di insicurezze e mi sentivo incapace e inutile.

L’unica cosa che mi faceva andare aventi erano le lezioni di teatro con Michael Rodgers (con cui avevo iniziato a studiare a 16 anni) tutti i lunedì sera. Mio papà si trovava a New York per lavoro, così decisi di andarlo a trovare, per staccare un po’, passare tempo con lui che non vedevo da tanto e visitare la grande mela. Il caso vuole che proprio in quei giorni Larry Moss, uno dei più grandi acting coach della storia e maestro del mio maestro Michael, tenesse un workshop a Manhattan, al quale sono andata come uditrice. Gli attori che ho visto lavorare con Larry erano dei mostri di talento e vedere artisti di così alto livello mi ha dato una spinta enorme nel trovare il coraggio di provare la strada della recitazione. Quindi è proprio lì che ho preso la decisione di volere intraprendere questa carriera. Ed il primo passo è stato fare diverse audizioni per scuole di recitazione americane e inglesi, tra cui l’Atlantic Acting School di New York, dove sono stata presa e dove mi sono graduata dopo due anni e mezzo di corso full-time'.



Cosa l'ha spinta a uscire dall'Italia, Australia prima e Stati Uniti oggi. La sua famiglia l'ha sostenuta in questo percorso?
'Fin da piccola ho sempre amato molto viaggiare e sono sempre stata attratta dall’America. Nei miei diari segreti di quando avevo 11-12 anni sognavo già New York, Londra e Los Angeles. A Crema mi sono sempre sentita un po’ soffocare, non mi piacciono molto le realtà piccole e provinciali, mi piacciono le città grandi, enormi, piene di cose da fare e di opportunità, dove ti senti minuscolo ma libero di essere te stesso. Sono davvero molto fortunata perché la mia famiglia mi ha sempre supportata moltissimo, specialmente mia mamma. È stata proprio lei a spingermi a partire dopo il liceo. L’idea e la decisione di andare in Australia non mi ricordo bene da dove siano nate. Ma volevo fare un’esperienza all’estero, viaggiare e migliorare il mio inglese, per di più mi piace molto surfare e l’Australia è stata la scelta perfetta, anche grazie alla facilità nell’ottenere il visto “working-holiday” che da la possibilità di lavorare e viaggiare per un anno intero se hai meno di 30 anni. Se non fossi entrata in una scuola di recitazione, in America non ci sarei venuta proprio, ma dopo essere stata presa in un’ottima scuola come l’Atlantic, dove ho ottenuto anche una buona borsa di studio, la mia famiglia era molto orgogliosa di me e mi ha supportata molto'.

In Italia quali limiti vi sono per chi intende percorrere la strada artistica?
'In Italia mi sembra che la carriera funzioni molto per conoscenze e nepotismo; di scuole buone ce ne sono, ma non sono molte e prendono di solito pochissimi nuovi studenti ogni anno. Qui a New York ci sono infinite opzioni per studiare recitazione, centinaia di corsi e di scuole. In più, la scena del cinema indipendente qui a New York è immensa. Il numero di giovani artisti, registi e attori che collaborano tra di loro per creare cortometraggi, lungometraggi o altri progetti, è enorme. Prima di arrivare alle grandi produzioni di Hollywood ci sono tantissime possibilità di recitare e partecipare a progetti interessanti e pieni di giovani talenti. Oltre al cinema adoro anche il teatro e anche in questo caso ci sono altrettante possibilità di esibirsi: circuito Broadway, off-Broadway e off-off Broadway. Ho debuttato la settimana scorsa in una produzione off-Broadway al Teatro Latea di New York, per il New York Theater Festival, nella produzione di Halston’s Amitha, play scritta da T. Gonzalez, diretta da A. Xavier, dove ho interpretato la protagonista Claudia'.

Cosa manca al cinema e al teatro italiano per essere realmente competitivo rispetto a quello d’Oltreoceano?
'La verità è che a me piacerebbe lavorare a livello internazionale, sia in America che in Italia. In questo momento mi trovo meglio qui a New York rispetto all’Italia perché ci sono molte più opportunità. Perché anche se ho appena finito la scuola e sono nuova nel mondo del lavoro e non sono ancora un nome conosciuto, già sto lavorando molto. Mi sto impegnando tanto, mi sto dando molto da fare e grazie alla mia determinazione e fatica sto prendendo molti ruoli. Penso che qui ci sia più meritocrazia, più possibilità, e che davvero l’impegno e la dedizione ripaghino. Mi ritrovo a collaborare con tantissimi giovani talenti, altrettanto desiderosi di creare progetti artistici e significativi insieme'.

Quali sono i suoi maestri, le sue guide, in Italia e quali negli Usa?
'Michael Rodgers è stato il mio primissimo grande maestro che mi ha fatto innamorare della recitazione. Larry Moss è stato importante perché grazie a lui ho preso la decisione di intraprendere questa carriera. All’Atlantic Acting School i professori con cui più sono cresciuta e da cui più ho imparato sono Anya Saffir, Tom Costello, Francine Zerfas e Kelly Maurer'.

Il suo curriculum, nonostante la giovane età, è già ricco di esperienze. Di quali va più orgogliosa?
'Grazie! Negli ultimi mesi ho preso parte a diversi cortometraggi, alcuni spettacoli teatrali e mi hanno appena offerto il mio primo ruolo da protagonista in un film indipendente. Tra i miei ultimi progetti vado molto fiera del cortometraggio “333” scritto e diretto da Santiago Achaga e Ignacio Casaretto, girato su pellicola 16mm. Dove ho interpretato la giovane Mary, ruolo complesso che mi ha richiesto una grande intensità emotiva. Mary è una giovane ragazza malata terminale e a cui viene data la notizia che non le resta molto da vivere. Senza nessuna speranza di un futuro, tenta di uccidersi prima che la malattia prenda il sopravvento. Ma è seguita e in qualche modo protetta da una presenza, una sorta di angelo custode, che non può vedere, ma la cui presenza sente. La maggiore difficoltà è stata girare i momenti di attacchi di panico e di ansia del personaggio. Girando su pellicola, non avevamo molti take per rifare le scene, quindi dovevo raggiungere la performance voluta e lo stato emotivo esatto al primo o al secondo take al massimo. Non vedo l’ora di assistere alla proiezione di questo lavoro. Un altro bellissimo progetto che ho fatto recentemente è il cortometraggio “Monster” scritto e diretto da Sebastian Aguirre. Storia di gelosia, possessività e violenza. Joel (Andrea Ktorides) e Ava che interpreto (foto sopra), lui film-maker, lei attrice, sono una giovane coppia che si ritrova a lavorare sullo stesso set, Ava come attrice protagonista e Joel come addetto all’audio. Il dramma scoppia quando Ava ha una scena di sesso con il co-protagonista Cole. All’inizio Joel sembra accettare e supportare il lavoro di Ava, consapevole delle scene di intimità richieste dal suo ruolo. Ma vivendole dal vivo sul set e vedendo la chimica della sua ragazza con l’altro attore sul set, impazzisce di gelosia'.

Quali sono i suoi obiettivi? Quali difficoltà ha incontrato? Quali ha superato e quali ancora non è riuscita a vincere?
'Il mio obiettivo principale è quello di riuscire a lavorare full-time come attrice e di avere tante esperienze su set e palcoscenici con grandi artisti, registi e attori da cui imparare e con cui collaborare. Vorrei lavorare a livello internazionale sia in Europa che in America. Grosse difficoltà non ne ho trovate, sono uscita dall’accademia da pochi mesi e sto già riuscendo a prendere parte a molte produzioni che mi piacciono. Sicuramente spero di riuscire a prendere più lavori che paghino bene, ruoli di cui possa andare fiera, raccontando storie che possano intrattenere e ispirare, vorrei prendere parte a produzioni maggiori e che mi diano la possibilità di viaggiare molto per lavoro'.

Ha immaginato una sorta di 'piano B' qualora la strada da attrice dovesse interrompersi per qualche motivo?
'No. Non c’è un’altra cosa al mondo che vorrei fare. Sento che questa è la mia strada, ne sono sicura. Non è una strada facile, ma ci proverò con tutta me stessa e con tutto l’impegno e determinazione che ho. E se non funzionerà e la vita mi porterà su un’altra strada, penserò ad un piano B allora. Fino a quel momento ho troppe audizioni, script da imparare e personaggi da interpretare per pensarci'.
Giuseppe Leonelli

Redazione Pressa
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