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Rubrica a cura di Alessandra Dal Borgo - Consultinvest sim
“Il coccodrillo come fa? Non c’è nessuno che lo sa”, è l’incipit di una canzone dello Zecchino d’Oro del 1993, divenuta ormai patrimonio nazionale.
E tu sai qual è il verso del coccodrillo?
Recentemente, per cercare di risolvere questo enigma, alcuni appassionati all’argomento rettili & co., hanno coniato il termine “trimbulare”, che dovrebbe ricordare i suoni tremuli (gravi e acuti) che l’animale emette. Peccato però che la Treccani, interpellata sull’argomento, abbia smentito l’esistenza della parola “trimbulare” nel vocabolario italiano, chiarendo come questa parola non abbia un’etimologia definita.
Così facendo, come al Gioco dell’oca, siamo tornati alla casella d’inizio senza alcuna soluzione.
Anche in pianificazione patrimoniale c’è una domanda a cui è difficile dare una risposta, o per meglio dire, c’è una domanda a cui ognuno dà la propria risposta, senza però tenere conto di tutti gli aspetti in gioco.
La domanda è:
Quanto rende l’investimento immobiliare?
A prima vista, anche qui come nel caso precedente, sembrerebbe che ci sia da “trimbulare”
A differenza di quanto raccontato prima, in questo caso però abbiamo un recente studio dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare tenuto dall’Agenzia delle Entrate (una sorta di Treccani degli immobili italiani) che ci permette di avere dati su cui ragionare.
Innanzitutto occorre dire che l’argomento è così complesso che gli stessi autori dell’articolo hanno intitolato il loro contributo: “Una possibile stima del rendimento lordo e netto dell’investimento in una abitazione”.
Nonostante però la materia sia così vasta e sfaccettata, è ovvio che sia necessario indagarla con attenzione visto che, come ci ricorda Banca d’Italia nella pubblicazione sulla ricchezza delle famiglie italiane, i nostri connazionali hanno circa 5.300 miliardi di euro investiti in abitazioni (circa il 46% della ricchezza lorda posseduta).
Se guardiamo ai parametri utilizzati per la stima, bisogna dire che lo studio si è limitato ad osservare il mercato delle locazioni (con locatori esclusivamente persone fisiche) e il settore residenziale con contratto definito ordinario libero (contratti a partire dai 3 anni, compresi ovviamente i 4+4 anni).
Questa scelta è stata fatta per analizzare il mercato degli affitti di medio e lungo periodo, in linea con quanto i clienti dei consulenti spesso fanno con gli immobili oggetto di investimento.
Tornando alla domanda cruciale “ma quanto rende l’investimento immobiliare?”, qual è il risultato di questa ricerca?
La risposta è circa il 5% annuo lordo, con una differenza non molto grande se l’immobile è locato in comuni capoluogo (5,14%) o non capoluogo (4,94%).
Come puoi vedere nel grafico in alto, tale valore deriva da un lento ma costante processo di crescita (dal 2016 al 2022).
Se guardiamo alle diverse macro aree geografiche, la forbice di rendimento rispetto al dato medio nazionale, si apre un po’ tra Nord Italia e Sud, con una differenza di poco superiore all’1%:
“Non male!” penseranno alcuni “Il 5% è un discreto rendimento su cui poter fare affidamento.”
Beh, per capire quanto il mio amico Mario si metterà in tasca alla fine del mese, allora sarà meglio fare un ulteriore passo avanti, trasformando il dato lordo in dato netto.
In pratica, Mario dovrà sottrarre dall’incasso lordo dell’affitto:
le tasse (sui redditi delle persone fisiche, IMU);
le principali spese (ristrutturazione, manutenzione, condominiali e assicurative);
che sono imputabili al proprietario dell’immobile. La tabella allegata, presente nello studio citato, riporta il calcolo effettuato per ogni singola regione e per la media nazionale (RL = Rendimento Lordo, RN= Rendimento Netto):
In definitiva, il rendimento medio nazionale annuo lordo passa dal 5% ad un rendimento netto del 2,6%.
Ti faccio un esempio concreto.
Il mio amico Mario possiede un’abitazione del valore di 240.000 euro che potrebbe produrre un affitto mensile lordo di circa 1.000 euro (240.000 x 5,04% = 12.096 euro anno) ed uno netto di circa 500 euro (240.000 x 2,6% = 6.240 euro anno).
È tanto, è poco?
In assoluto non c’è una risposta corretta, è un dato su cui riflettere prima di decidere se fare un investimento immobiliare in abitazioni residenziali o valutare alternative diverse.
Se invece qualcuno avesse già preso la strada dell’investimento immobiliare, sarà indubbiamente di stimolo per approfondire, con dati alla mano, quanto il proprio singolo investimento al netto delle spese, differisca rispetto alla media nazionale o regionale.
Concludo questa mia riflessione di oggi con una constatazione e una domanda.
1. La constatazione. Oggi l’investimento immobiliare rappresenta circa l’11% delle abitazioni di proprietà degli italiani (3,6 milioni di abitazioni su 32,7 milioni di immobili), mentre circa il 18% degli immobili rimane a disposizione del proprietario (5,8 milioni di abitazioni su 32,7 milioni di immobili):
2. La domanda. Quante di queste 5,8 milioni di abitazioni (seconde case) sono realmente in uso ai proprietari oppure poco/per niente sfruttate?
Anche su questo punto è necessario fare una riflessione seria.
Non possiamo dare per scontato che, anche se non si utilizzano, il prezzo delle abitazioni crescerà per sempre, rappresentando per il nostro patrimonio un investimento profittevole sempre e comunque.
Come puoi vedere in quest’ultimo grafico, la crescita media annua dei prezzi delle abitazioni italiane negli ultimi 20 anni (2004-2023) si è attestata allo 0,8%, con una certa varianza regionale in alto e in basso:
Un dato da non sottovalutare, visto l’ammontare complessivo di patrimonio per gli italiani che hanno puntato su questo asset.
Luciano Scirè