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Ecco perchè l'immagine di Navalny come politico senza macchia e senza paura era falsa

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L’apoteosi del finto moralismo che nasconde gli abissi d’immoralità delle odierne classi dirigenti occidentali sta andando in scena da mesi a Gaza


Ecco perchè l'immagine di Navalny come politico senza macchia e senza paura era falsa
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Se si adottasse anche nel caso della morte improvvisa del dissidente russo Aleksej Navalny nel carcere siberiano dove era rinchiuso il semplice metodo del cui prodest?, sarebbe molto difficile attribuirne la responsabilità al presidente russo Vladimir Putin, come invece stanno facendo in coro tutti i leader occidentali.

Nel giorno in cui le truppe del Cremlino espugnavano la città di Adeevka, dal 2014 la più munita piazzaforte ucraina dell’intero fronte del Donbass, si può dire che la morte di Navalny non solo non abbia arrecato alcun vantaggio a Putin, ma sia anzi servita egregiamente alla grancassa mediatica di NATO et similia per far passare in secondo o terzo piano il trionfo militare del Cremlino, assai gravido di catastrofici sviluppi per l’esercito di Kiev. Nel centro di Adeevka sono rimasti intrappolate alcune migliaia di soldati, che presumibilmente seguiranno la stessa sorte dei loro colleghi dell’Azovstal di Mariupol nel maggio 2022.

Putin, che non è uno stupido a differenza di molti dei suoi più acerrimi nemici, ben difficilmente avrebbe scelto di oscurare questo giorno per lui trionfale con un omicidio eccellente e mai avrebbe servito un piatto d’argento agli occidentali una nuova occasione per dare sfoggio della loro proverbiale ipocrisia e doppia morale, che ben si riassume nello slogan americano dell’”ordine internazionale basato su regole”. Una serie di “regole” che è Washington con i suoi servili vassalli a stabilire unilateralmente, con la pretesa che tutti le osservino alla lettera, salvo arrogarsi il sacro diritto d’interpretarle e di violarle in ogni momento a proprio uso e consumo.

Se fosse stata sincera e non solo strumentale l’indignazione per la morte di Navalny che ieri è risuonata persino alla riunione dei ministri degli esteri del G7, l’avremmo udita anche nel caso del giornalista e blogger cileno-statunitense Gonzalo Lira, morto il mese scorso in una galera ucraina, dopo un anno di detenzione con la generica accusa di aver svolto “attività filorusse”.

Gonzalo Lira era da tempo afflitto da una grave forma di polmonite, ed è stato ricoverato in ospedale quando ormai era troppo tardi. Nonostante i ripetuti solleciti della famiglia, nessuno da Washington o da Bruxelles si è mai preoccupato per il suo destino, né per quello delle altre centinaia di detenuti politici ancora imprigionati nelle carceri ucraine con le stesse generiche accuse.

Purchè siano funzionali a puntellare la propria egemonia sul mondo, non ci si fa scrupolo di sostenere anche le cause più improbabili e discutibili. L’immagine cucita su misura su Navalny, come un politico senza macchia e senza paura che si batteva per fare trionfare anche in Russia i sacri valori della “democrazia liberale” è completamente falsa; Navalny si è sempre distinto per il suo sciovinismo suprematista panrusso, accoppiato a un furioso antislamismo. Per capirci, era un estremista, predicava la deportazione etnica degli immigrati e definiva i caucasici “scarafaggi” da eliminare con le “pistole”; un curriculum da “incitatore all’odio” che, ancora nel 2021, gli ha meritato il rifiuto di Amnesty international di considerarlo un “prigioniero di coscienza”.

Dall’alto dalla propria impunità (e impudenza), l’Occidente immigrazionista, globalista, cambioclimatista e genderista arriva persino a esaltare i nazisti vecchi e nuovi, come l’ex volontario della divisione ucraina SS Galizien Yaroslav Hunka osannato dal parlamento canadese e dal primo ministro Trudeau nel settembre 2023, o come il famigerato reggimento Azov, omaggiato con una mostra fotografica dalla città di Milano, medaglia d’oro della Resistenza. Assistiamo al triste spettacolo di politici e media che urlano come prefiche a un funerale per i presunti crimini di guerra dei russi come Bucha - su cui gli ucraini, guarda caso, hanno sempre accuratamente evitato che si svolgesse un’inchiesta internazionale - ma restano del tutto silenti sulle bombe che Kiev quotidianamente fa piovere sui mercati e sulle stazioni degli autobus di Donetsk o di Belgorod al solo scopo di provocare stragi di civili e seminare terrore.

L’apoteosi del finto moralismo che nasconde gli abissi d’immoralità delle odierne classi dirigenti occidentali sta andando in scena da mesi a Gaza. Per le decine di migliaia di palestinesi, in maggioranza donne e bambini, che da cinque mesi vengono massacrate dall’esercito israeliano solo qualche parola di generica comprensione ma nessuna condanna, tantomeno alcun altolà; un’ignavia che suona tanto di complicità con l’aggressore, un tacito invito a proseguire nel massacro, appena mascherato dalla foglia di fico dei “due popoli due stati”, quattro parole inutili e grottesche per chi muore quotidianamente sotto le bombe. L’indignazione, quella vera, i nostri paladini della libertà e della democrazia la riservano solo per le buone cause.
Giovanni Fantozzi

Giovanni Fantozzi
Giovanni Fantozzi
Giovanni Fantozzi, giornalista e storico. Si occupa della storia modenese e in particolare del periodo della Seconda Guerra Mondiale e del Dopoguerra. Tra le sue pubblicazioni:
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