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Non sono solo le borse valori ad oscillare verso il basso a causa del clima di tensione da pandemia. A risentirne in modo particolare è l’economia reale. Il discorso non riguarda soltanto la sorte che è toccata agli imprenditori cinesi attivi nel nostro Paese che, a causa di una vera e propria psicosi, hanno visto diminuire in modo drastico i loro business, fino a dover prevedere riduzione di personale se non addirittura l’interruzione delle attività.
“Alcuni amici – mi confida un imprenditore cinese – hanno sospeso momentaneamente le loro attività, in attesa di tempi migliori”.
La situazione in Italia
Nel settore del turismo, secondo dati pubblicati da Assoviaggi Confesercenti, circa 50 mila viaggiatori hanno cancellato un viaggio già prenotato verso lidi lontani. Un fenomeno che ha interessato quasi il 50% delle Agenzie di viaggio, che hanno di conseguenza dovuto rimborsare i clienti, per un valore complessivo non inferiore ai 160 milioni di euro.
Solo il 20% delle cancellazioni ha riguardato la Cina, mentre il 32% altri Paese asiatici, il 22% l’Europa ed il restante 26% America, Africa ed altre destinazioni.
Nel turismo effetti pesanti anche sull’”incoming”. Nel medesimo periodo si sono registrate cancellazioni relativa al 51% del totale: il 37% ha riguardato clienti provenienti dalla Cina. Un dato allarmante se consideriamo che nel 2019 ben 5 milioni di cinesi hanno visitato il bel Paese.
Anche il settore del commercio, in crisi già da tempo – ad eccezione di bar e ristoranti che segnano un +16,5% nell’ultimo decennio - sta particolarmente soffrendo a causa del Coronavirus.
Ma il settore che ne soffrirà di più sarà quello del made in Italy, dai prodotti enogastronomici all’industria del lusso, che vende per 1/3 a clienti cinesi, per un valore totale di circa 460 milioni di euro.
L’impatto del Coronavirus sul Pil dell’Italia potrebbe essere di oltre lo 0,2%. Lo afferma il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che aggiunge: “é difficile ora fare previsioni sull’impatto economico, anche se, dopo un quarto trimestre col segno meno, il Pil italiano nel primo trimestre del 2020 con tutta probabilità entrerà in recessione e difficilmente si riprenderà a marzo”.
La situazione a livello globale
Secondo gli analisti l’impatto economico del Coronavirus sarà di molto superiore a quello della Sars: la sindrome del 2003 ebbe un impatto sul PIL cinese di 25,3 miliardi di dollari, il coronavirus ha già superato quota 40 miliardi in pochi giorni.
Nel 2003 con la crisi virale della Sars il PIL cinese precipitò di poco più di un punto percentuale, con nessuna ripercussione sul resto del mondo, e con un Paese che stava affrontando un periodo di forte crescita (+10% annuo) mentre oggi la situazione è ben diversa: le stime prevedono una crescita solo del 5% o forse ancora meno, in un contesto di rallentamento già evidente, con enormi ripercussioni sull’economia globale.
La Cina vale da sola 1/3 dell’economia mondiale. Una paralisi significa meno esportazioni (il made in China copre gran parte della componentistica essenziale per la produzione di un enorme varietà di oggetti e parti elettroniche), ma anche meno importazioni di materie prime come petrolio e derrate alimentari.
Se si ferma l’industria della componentistica cinese, la manifattura mondiale rischia il blocco totale. Ne sa qualcosa l’industria cinese dell’auto, che sta vivendo una crisi che non si era mai vista prima. In poche settimane, secondo alcuni dati pubblicati dalla China Passenger Car Association (CPCA), si è registrato un calo delle immatricolazioni del 92%.
Nel settore del trasporto aereo, fortemente legato a quello turistico, l’International Air Transport Association (Iata) evidenzia un calo di passeggeri nella regione Asia-Pacifico del 13%, con mancati ricavi per 27,8 miliardi di dollari per i vettori che transitano nella regione. A livello globale le perdite totali saranno di 29,3 miliardi di dollari equivalente ad una contrazione di traffico del 4,7%.
Il mercato delle materie prime vede il prezzo del petrolio in forte riduzione: -1,71% nell’ultimo mese e -4,5% circa nelle ultime ore. Materia prima che la Cina è costretta ad importare e che vede ridurre i profitti delle imprese del settore.
Cosa sta accadendo in Cina
Multinazionali simbolo come l’americana Starbucks ha chiuso metà dei suoi 4.300 caffè sparsi nel Paese. Chiusi anche centinaia di McDonald’s e una dozzina di negozi di abbigliamento della catena svedese H&M. La svedese Ikea ha chiuso tutti i 30 negozi. Anche Google ha deciso di chiudere temporaneamente tutti gli uffici in Cina, Hong Kong e Taiwan. In grandi aziende come Alibaba, Novartise Volkswagen si chiede al personale cinese di lavorare da casa. Bytedance, gruppo proprietario di Tik Tok, ha chiesto ai dipendenti che hanno viaggiato durante le feste del Capodanno cinese di mettersi da soli in quarantena per 14 giorni.
Le richieste di manager e imprenditori
“Non sappiamo ancora esattamente come si svilupperà l’epidemia e se seguirà o meno lo stesso profilo della Sars. I governi utilizzeranno la politica fiscale e monetaria per cercare di compensare gli impatti economici negativi. Un certo sollievo può essere visto nei prezzi del carburante più bassi per alcune compagnie aeree” afferma Alexandre de Juniac, direttore generale e Ceo di Iata.
Per questo, “raccogliendo le istanze delle imprese in questo momento di crisi – continua Alexandre de Juniac - chiediamo ai governi mirati e tempestivi provvedimenti per contenere gli effetti negativi sul settore: dagli sgravi contributivi e fiscali al posticipo delle scadenze relativamente alle imposte nazionali e locali, all’attivazione degli ammortizzatori sociali. L’auspicio è che il peggio sia ormai alle spalle, ma è necessario mantenere un’informazione corretta ed adeguata che dia sempre la giusta misura della vicenda all’opinione pubblica, senza destabilizzarla ingiustificatamente”, conclude.
Andrea Lodi