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Il problema sicurezza? Non è un problema, basta solo non considerarlo. Lo si era già notato in campagna elettorale, nel momento in cui il tema sicurezza, da sempre 'scomodo' per la sinistra al governo di comuni, regioni e Paese, non era contemplato, pur nella sua importanza, nel programma elettorale del Presidente della Regione Stefano Bonaccini.
E la conferma che il tema dovesse, forse per strategia politica, avere una importanza ridotta se non nulla nell'azione politica ed amministrativa promessa dal governo regionale, è arrivata dalla pubblicazione del programma di mandato della nuova giunta, da oltre sei mesi alla guida della Regione Emilia-Romagna. Un documento che è necessario redigere e pubblicare. Un documento che, nello specifico dell'amministrazione regionale, conta 78 pagine. In queste il tema della sicurezza appare soltanto alla fine (anche se l'ordine non è per importanza), ma di fatto, ciò che è significativo, liquidato in poche righe.
La sicurezza, con una delega che il Presidente Bonaccini ha tenuto per sé, è limitata a poco più della metà di una delle 78 pagine di impegni programmatici snocciolati accuramente ed ampiamente per ogni assessorato. Nulla di paragonabile allo spazio e al livello di specificità dei contenuti relativi alla sicurezza. E non regge nemmeno la motivazione che queste righe siano pregne di contenuti di merito, semplicemente perché non lo sono. Anzi sono poche, e general-generiche. Come se in Emilia-Romagna la sicurezza, quella di strada, quella dei reati predatori, quella legata all'immigrazione, quella legata alle infiltrazioni e al radicamento di camorra, Ndrangheta nel tessuto economico e sociale, non rappresentasse un problema o fosse l'ultimo dei problemi o, forse, una questione marginale. Per lo più, in quelle righe, solo indirizzi che non definiscono chiaramente obiettivi e tanto meno azioni per raggiungerli.
Nemmeno un riferimento, per esempio, agli organici della Polizia Locale sulle cui 'piante' la regione ha diretta competenza e sulle quali, in passato, si è sviluppato un ampio dibattito politico che, nel merito, ci sarebbe motivo per continuare. Così come nessun impegno rispetto all'azione nei confronti del governo nazionale di turno sul fronte del potenziamento delle forze di Polizia, delle questure o al problema legato all'enorme presenza di stranieri irregolari (anche in questo ambito l'Emilia-Romagna presenta un triste primato da condividere solo con la Lombardia), dovuto alle crepe del sistema dell'accoglienza mai uscito dall'emergenza, o al problema carceri. Tra l'altro temi che hanno, all'interno della dimensione nazionale, una dimensione regionale. E nella terra del processo Aemilia e della inquietante realtà che ne è emersa, si parla di azioni per la legalità e contro la criminalità organizzata quasi solo in termini di possibili aiuti alle associazioni che si occupano di legalità, di riutilizzo di beni sequestrati alle organizzazioni mafiose ma nessun accenno, per esempio, a temi cardine nella lotta all'illegalità e alla criminalità organizzata. Al mondo degli appalti, dei subappalti. Nonostante la Regione abbia registrato gli effetti devastanti, negli ultimi anni, dei massimi ribassi, anche nella realizzazione delle strutture pubbliche sanitarie. Ben poco o nulla anche rispetto alla sicurezza delle imprese oltre che dei cittadini. Ma forse, anche questa scelta che pone la sicurezza in una posizione subalterna e residuale nel programma di mandato, corrisponde ad una strategia politica. Se un tema è scomodo e su quello si ha per cosi dire il fianco scoperto, è meglio cancellarlo dal dibattito e dagli impegni di programma e di governo. Una strategia che fino ad ora sembra avere pagato. E che forse continuerà a pagare. In questo senso, quasi geniale, perché a domanda il Presidente della Regione potrà nei prossimi quattro anni giustificare qualsiasi non azione affermando che non è contenuta nel mandato.
Gi.Ga.
Nella foto il Presidente della Regione Stefano Bonaccini insieme al sottosegretario alla Presidenza ed ex sindaco di Soliera, Davide Baruffi