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L'impossibilità per i gestori titolari di locali pubblici, di chiedere i documenti di identità ai possessori di green pass che accedono al locale, si somma ad altre difficoltà applicative, di merito e di metodo, relative al certificato verde. Se da un lato è fuorviante l'idea e la comunicazione secondo cui un locale chiuso nel quale si accede con green pass sia covid free (considerato la possibilità di contagiare e contagiarsi anche tra vaccinati e che il vaccino protegge da potenziali effetti gravi della malattia ma non negli stessi termini, dalla diffusione del virus), è al limite del paradossale il fatto che il green pass sia obbligatorio per i clienti dei locali ma non per chi, in quei locali, ci lavora. Obbligatorio per entrare ma non per lavorare.
Mancando qualsiasi riferimento nei decreti legge finora adottati, è da intendere non vi siano obblighi per i lavoratori, nemmeno quelli che prestano servizio in ristoranti con servizio al tavolo in ambiente chiuso, piscine, palestre, musei, biblioteche.
Nessuna menzione nel decreto viene fatta nei confronti dei lavoratori, per i quali ad oggi non solo non vige l'obbligo di presentare il Green Pass, ma neppure la possibilità che il datore di lavoro lo richieda. E così come nelle biblioteche e negli altri luoghi al chiuso che prevedono l'accesso vincolato al possesso del certificato verde. In pratica tre elementi di profonda confusione sia per clienti che per gli operatori che fino ad ora ha solo avuto l'effetto di moltiplicare disdette, e di ridurre gli accessi. Anche del 50% come da subito le associazioni di categoria dell'industria e del commercio hanno registrato e denunciato.
Gi.Ga.
Redazione Pressa
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