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La foto coi Benetton, la scissione romana, gli insulti alla Meloni sui social, l’endorsement ormai esplicito al Pd, il flop del flash mob a Scampia, l’ultima apparizione ieri sera da Fazio dopo aver promesso di evitare nuove ospitate in tv… Uno scivolone dopo l’altro in poche settimane e la parabola delle Sardine appare già in fase calante, col movimento stritolato tra la mancanza di una proposta politica e la volontà “cannibalizzatrice” del Pd e degli ultimi reduci 5 Stelle.
Una parabola durata pochi mesi quella di Mattia Santori e compagni, sopravvissuta un battito di ali, poco più che dall’alba al tramonto, giusto il tempo di fare da stampella al Sistema di potere Emiliano Romagnolo. Pesci d'aprile anticipati. Dice di “cercare una bandiera” ora Mattia Santori, ma l’affermazione suona già come un requiem.
Era da prevedere, ma in fondo il loro vero, unico, imminente obiettivo le Sardine lo hanno già ottenuto: impedire un cambio di governo in Emilia Romagna, dove per la prima volta alle Regionali la vittoria del Pd (non chiamiamola sinistra perchè la sinistra era altra roba…) non era scontata. Un obiettivo tutt’altro che di poco conto e per il quale ben valeva costruire in laboratorio un movimento apparentemente nazionale, perchè – come ha ripetuto in più occasioni lo stesso Bersani – per il Pd non perdere l’Emilia Romagna era più importante che rimanere al governo a Roma. E ora che il risultato è stato ottenuto, che il pericolo è stato evitato, che l’Emilia è stata normalizzata, si può dignitosamente (si fa per dire) levare le tende e smontare il circo.
Allora col senno di poi oggi è chiaro anche ai più affezionati al giovanilismo sardinesco di quanto questo fenomeno fosse solo e unicamente finalizzato alla conservazione sistemica di un potere quasi inscalfibile. Unico movimento di protesta nato per appoggiare un governo regionale in carica da 50 anni, le Sardine, con i visi giovani e incantati dei leader bolognesi, sono riuscite nel miracolo di far credere agli emiliano romagnoli di non essere teleguidate da nessuno, di essere libere e apartitiche. “Bologna non abbocca” era, insieme al “non si lega”, uno dei beffardi slogan della piazza pre-elettorale pro-Bonaccini, ma paradossalmente in quelle due parole vi era tutta la verità di un Movimento costruito con astuzia ad arte. Modena, Bologna e l’Emilia Romagna hanno abboccato all’amo dei pesciolini. Hanno creduto alla favola dell’impegno dal basso e dei ragazzi animati da ideali e sogni che si organizzavano coinvolgendo tutti, anziani, famiglie, bambini e immigrati.
Ci hanno creduto e ora, all’apparir del vero, la delusione è grande. Almeno in coloro che in modo disinteressato e ingenuo vi hanno creduto. Per gli altri, tanti, per coloro che già sapevano tutto, per i giornalisti delle tv nazionali che hanno finto di emozionarsi e che davano del tu a Santori come fosse il nuovo guru della post politica, per coloro che hanno ostinatamente chiuso gli occhi facendo finta di non vedere l’ombra di Prodi, l’invenzione a tavolino del Pd e del Sistema, ora basta esibirsi nell’ultima messinscena. Fingere stupore, amarezza, prima dell’ultimo inchino, prima della definitiva chiusura del sipario. In Emilia Romagna il Sistema politico-economico-istituzionale ha retto: si può tirare un sospiro di sollievo. Almeno per 5 anni, poi qualcosa – se servirà – nell’acquario del Pd ci si inventerà di nuovo.
Giuseppe Leonelli
da l'Occidentale