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Ma perchè succede tutto questo nella nostra regione, nel 2023, con 15 morti, 40mila sfollati, con fiumi esondati, l’autostrada sott’acqua e la montagna modenese che frana?
Questi angosciosi interrogativi se li pongono i cittadini emiliani, specialmente i residenti in Romagna, ma con loro anche i tecnici, i geologi, gli urbanisti, gli esperti che, interpellati da giornali e televisioni, ammettono che “ci sono stati ritardi nella salvaguardia del suolo in Emilia-Romagna per la continua cementificazione e asfaltatura, la cristallizzazione dei corsi d’acqua del territorio che ora è sempre più a rischio idrogeologico e il poco che è stato fatto è stato spazzato via in un giorno e in una notte di pioggia perché è risultato insufficiente” (Antolini, presidente regionale dell’Ordine dei geologi).
E qualcuno ha aggiunto che “non ci siamo presi cura della nostra terra”, come ha detto autorevolmente il cardinale di Bologna Matteo Zuppi che è anche presidente della Cei. Altri che “è necessario porre mano ai progetti non attuati e non ancora cantierati, che gli investimenti pubblici sono stati finora insufficienti, specialmente nell’ultimo decennio, che è mancata una continua indispensabile seria manutenzione dei fiumi col risultato di milioni di euro di danni per le continue alluvioni, esondazioni, allagamenti per cui c’è anche la responsabilità dell’uomo e non soltanto delle piogge eccezionali, delle bombe d’acqua o delle... nutrie” (gli esperti del Cnl). Ma i tecnici hanno anche aggiunto che nella tutela del territorio “non ci sono Regioni più virtuose di altre, che di soldi per non fare franare la montagna o per evitare l’allagamento delle campagne e delle città ne sono stati spesi meno del necessario (e spesso male) da parte di tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi dieci anni e che spesso tanti soldi stanziati sono rimasti nel cassetto”. Come dire: la battaglia è contro un nemico ancora sconosciuto (il cambiamento climatico) e contro un nemico invece conosciuto (l’uomo) con i suoi ritardi, gli errori, la mancata salvaguardia del suolo se si considera che da Piacenza a Rimini su 12 casse di espansione, ne funzionano bene solo la metà. Argomento questo trattato anche da Legambiente regionale che definisce le “scelte compiute negli ultimi anni dalla Regione Emilia talmente sbagliate che l’hanno portata ad essere la terza in Italia in quanto a consumo del suolo, che non può dunque definirsi semplicemente un fatalità”. Concetto questo ribadito anche dal professor Paolo Pileri, ordinario al Politecnico di Milano, secondo il quale “l’Emilia da anni consuma suolo come se non ci fosse un domani...”
E allora “meno dichiarazioni retoriche come quelle utilizzate dodici anni fa per il terremoto: ci rialzeremo, saremo meglio di prima, nessuno sarò lasciato solo, ce la faremo anche questa volta perchè siamo la Regione che tutti ci invidiano”, come ha detto la scrittrice bolognese Simona Vinci, sapendo bene che le cose non stanno esattamente così. E, per quanto ci riguarda, i centri storici di Cavezzo, Concordia, Mirandola, Novi, Finale, sono lì a dimostrarlo, come Carpi, che ha ancora chiusi, transennati e puntellati due insigni monumenti storici come le chiese di San Nicolò e di San Francesco.
E allo “sbigottimento” del Comitato Regionale sulla Autonomia Differenziata per l’assenza di autocritica da parte del presidente Bonaccini, giustamente messa in risalto dal direttore di questo quotidiano on-line, Giuseppe Leonelli, ha fatto seguito il mea culpa del sindaco di Forlì Gian Luca Zattini che ha chiesto “scusa” ai suoi concittadini, con un apprezzato gesto di grande modestia, per i ritardi, le criticità e i disagi subiti e patiti dai forlivesi.
Cesare Pradella
Cesare Pradella
Giornalista pubblicista, è stato per dieci anni corrispondente da Modena del Giornale diretto da Indro Montanelli, per vent'anni corrispondente da Carpi del Resto del Carlino, per cinque.. Continua >>