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Il senatore Michele Barcaiuolo, leader di Fratelli D’Italia, non è in realtà il grande sconfitto di queste elezioni. Perché in questa fase l’obiettivo di FdI non è quello di vincere. Se così fosse stato, Barcaiuolo non avrebbe preteso di candidare ovunque esponenti del suo partito, senza possibilità alcuna per gli alleati di incidere sulle candidature, e chiudendo la porta al civismo e alla politica moderata. Condizioni essenziali per provare a vincere o quantomeno a competere in questi territori. Nei quali – al di là di quello che appare su Facebook – la maggior parte della gente è o comunque proviene dalla sinistra e dal centro moderato. Barcaiuolo, invece, ha sfruttato queste elezioni e soprattutto il sistema elettorale, che premia con tanti seggi i partiti più grandi, per rifare quello che aveva fatto la Lega nel 2019: inserire in ogni consesso il maggior numero possibile di propri consiglieri, lasciando agli alleati le briciole.
Per mantenere il potere elettorale.
Con quale finalità, se non vincere? Per avere persone fidate da controllare, meglio se facenti poca ombra. E poter poi inserire, quando sarà ora, le persone più vicine nei posti che contano: alla Regione, al Parlamento, in Europa. Senza la concorrenza sul territorio degli alleati.
In tutti i comuni Fdi perde diversi punti fra europee e comunali, a favore delle civiche e dello stesso Pd. In comuni come Sassuolo ne perde addirittura 10. Ne perde anche a Carpi, dove era candidata Annalisa Arletti, la moglie di Barcaiuolo. Si potrà dire che è normale che le civiche drenino voti e che anche il PD ne ha lasciati per strada.
Ma con una differenza fondamentale: che a differenza del segretario del Pd Roberto Solomita - che ha puntato a presentare la squadra migliore e la coalizione migliore in ogni comune per tentare di vincere, arrivando a digerire alleati come Azione Calenda e il Movimento 5 Stelle - a Barcaiuolo non interessa vincere: gli interessano solo le “sue” preferenze gerarchiche: quelle dei capolista, quelle direttamente riferibili al partito, al “suo” partito. Gli interessano per quello che dimostrano, ovvero chi sia il più forte; e per quello che portano in prospettiva, ossia consiglieri regionali e parlamentari europei. Ed è qui che si scatena l’organizzatissima macchina da guerra di FdI. Capace di indirizzare tutte le preferenze del partito sul candidato prescelto dal vertice, massimo su due, con lo stesso leader che invece di restare imparziale “spinge” per il prescelto. Per mostrare la sua forza politica. Secondo un modello consolidato negli anni dalla destra di Galeazzo Bignami al quale Barcaiuolo, politicamente parlando, deve molto e deve restituire molto.
Per questo a Modena abbiamo Ferdinando Pulitanò che con oltre 800 preferenze doppia Daniela Dondi – candidata appositamente per farle ricordare i rapporti di forza - e il consigliere uscente Elisa Rossini. A Carpi Federica Carletti, alla prima candidatura, sfiora le 600 preferenze personali. A Sassuolo Alessandro Lucenti supera le 300, con Luca Caselli poco sotto.
Ecco che il partito non è un organo al servizio dell’elettore: diventa una macchina al servizio del leader e della sua squadra ristretta. Per questo per Barcaiuolo non è una sconfitta: lui ha mostrato i muscoli e ha vinto prima - con le candidature - e dopo - con le preferenze. Se è una sconfitta lo è solo per la politica.
Eli Gold
Eli Gold
Dietro allo pseudonimo 'Eli Gold' un noto personaggio modenese che racconterà una Modena senza filtri. La responsabilità di quanto pubblicato da 'Eli' ricade solo sul dirett.. Continua >>