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Caro Direttore,
l’accostamento fra la Lega e il Muratori osato dal Candidato Prampolini e rilanciato dal suo giornale pare alquanto ardito.
Nel trattato “Della pubblica felicità” il Muratori si rivolge ai governanti illuminati, orientati alla ricerca della felicità dei propri sudditi. Una felicità che non può essere solamente individuale ma soprattutto pubblica. Perché la felicità individuale, se non adeguatamente controllata, diventa spesso come una droga, diventa la ricerca di qualcosa di più, diventa l’anticamera del vizio. La felicità collettiva, invece, è sempre e comunque positiva, almeno secondo il Muratori.
È chiaro il netto contrasto con le filosofie leghiste. Che nulla hanno di collettivo. Il sistema di produzione del consenso di Salvini si basa sulla ricerca scientifica degli argomenti più graditi al popolo colonizzabile, e sulla produzione altrettanto scientifica di contenuti e proposte gradite a quel popolo.
Tutto ciò, a dispetto delle apparenze, non è affatto collettivo: è la somma di tanti individualismi, di interazioni fra persone che manco si conoscono - e che talvolta manco esistono - che in un certo momento della loro vita scrivono le stesse cose sullo stesso argomento per compiacere sé stessi, non a fini collettivi. Persone che dopo 10 minuti passano a un altro argomento, a un’altra critica, a un altro vomitatoio.
E questo sistema vive prosperando nell’infelicità, nella paura, nei complotti, riassumendo: nell’esistenza del nemico del giorno, che può essere il NoTav, l’Europa matrigna, il maiale berlusconiano, il cantante arrivato primo a discapito dell’ottimo secondo, con categorie fisse come il nero del barcone, il ladro nero, lo spacciatore nero o lo stupratore nero. Avere un nemico procura felicità? Felicità collettiva? No. Però procura moti individuali che è possibile spacciare per collettivi.
Nel mentre, la storia giudiziaria della Lega dimostra che i suoi prìncipi hanno sempre cercato la felicità individuale, o al massimo familiare, con soldi collettivi: i rimborsi elettorali, i fondi neri, diamanti, lauree comprate.
La Lega è molto più vicina al Principe delineato da Machiavelli che a quello utopizzato dal Muratori. Oltre alla carenza cronica di etica, e aldilà dei proclami e delle battaglie di facciata sui Crocifissi, la Lega dei porti chiusi e della prostituzione legalizzata non ha di certo morale e religione come fari. E la Lega non ha di certo intellettuali che la possano e la vogliano guidare. Lo si vede, a livello locale, nella difficoltà oggettiva nel trovare candidati inseriti nel tessuto socio economico a un livello superiore al “piccolo lavoratore autonomo che parla poco in pubblico”. La Lega non ha nelle proprie liste professori universitari, non ha presidenti e dirigenti di società pubbliche e private, non ha primari ospedalieri, non ha rappresentanti di primo piano di associazioni di categoria, di sindacati, anche solo del volontariato. Ha solo politici di lungo corso riciclati, esponenti di estrema destra che nei voti di Salvini hanno trovato la Madonna e ragazzotti improvvisati.
La sinistra, piaccia o meno, oltre a politici fidati e giovani disinteressati ha anche i suoi intellettuali organici, che alla bisogna si mettono in gioco in prima persona. Che non sono più quelli di Gramsci, beninteso. Ma sono gli intellettuali potenti, i magnificati dai potenti, i rappresentanti dei potenti e dei potentati. Sono quelli che prima di tutto partono dalle Fondazioni, dalle Partecipate, dagli Incarichi Ben Retribuiti. Ma che se serve costruiscono anche delle civiche. Non saranno eticamente inappuntabili, ma almeno riescono ad esprimere una cultura che va oltre la teoria del complotto giudaico massonico e della sostituzione etnica. Oltre a raccogliere centinaia di preferenze personali. E sulle elezioni locali questo fa la differenza.
Caro Direttore, se fossi nella Lega lascerei quindi perdere ogni accostamento al Muratori e ogni divagazione culturale. E resterei ai furti dei neri. Il consenso, come dimostra Renzi, è molto volatile e incamminarsi su vie assolutamente sconosciute è da evitare come la peste.
Magath