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Ad inizio settimana le indicazioni sulla possibile proroga di altri sette giorni di chiusura delle scuole c'erano già tutte, specificate non certo dalle voci da bar o dai leoni tastiera, ma dallo stesso Assessore (da ieri ex) regionale alla sanità, Sergio Venturi, che oltre a politico (a differenza del suo successore Donini), è soprattutto medico.
Nella sua perplessità espressa rispetto alla chiusura delle scuole e nella sua dichiarata incapacità di rispondere sul perchè contestualmente alla chiusura dei plessi scolastici, si consentiva di mantenere aperte palestre e centri ricreativi e sportivi ad alta concentrazione di persone, aveva anche dichiarato che chiudere una sola settimana sarebbe stato, sotto l'aspetto del presupposto scientifico, senza senso. Da quel giorno, lo ripetiamo a metà della settimana che sta per concludersi, le cose, purtroppo, sono peggiorate, in termini di contagio, pur non aggiungendo, anche nella preoccupante proliferazione dei casi a Carpi, nessun livello tale da presupporre e sancire l'esistenza di un focolaio modenese e tanto meno da pandemia.
In pratica, visto che i presupposti scientifici che avevano portato alla decisione di chiudere le scuole c'erano ufficialmente tutti, e alla luce del presupposto stesso, fissato dallo stesso assessore regionale alla sanità, secondo il quale sospendere dopo solo una settimana la chiusura delle scuole avrebbe avuto di fatto l'effetto dell'interruzione del ciclo di antibiotico (ovvero nullo), era già chiaro che la decisione di prolungare di un'altra settimana la chiusura delle scuole sarebbe stata l'unica possibile, sia sotto il profilo tecnico-scientifico che politico. Ovvero, riaprire le scuole lunedì avrebbe significato rinnegare quel presupposto scientifico che ne aveva motivato la chiusura (rafforzato dalla contestuale espansione del virus), e allo stesso tempo quel presupposto politico che gli stessi amministratori regionali hanno dichiarato e riaffermato non più tardi di ieri sera, di legare a doppio filo al presupposto scientifico.
Che puntualmente è stato ribadito ed indicato già dalle prime ore di oggi dalla commissione scientifica nazionale. Relativo alla chiusura dei plessi scolastici di ogni ordine e grado. In Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia
E allora perchè aspettare l'ultimo giorno? L'ultima notte? Perché approfittare della pazienza di decine di migliaia di famiglie che da giorni attendevano questa comunicazione e da una settimana alle prese con una novità che, per carità, tutti sono pronti ad affrontare soprattutto quando spiegata bene, nell'interesse della collettività (anche se gli assalti psicotici ai supermercati ci hanno fatto pensare più che altro all'egoismo del nostro genere umano, culturale e sociale), per comunicare ciò che era già ovvio e, per ammissione degli stessi decisori, già nelle cose? Aspettare un altro giorno? Un'altra notte? Un'altra mezza giornata? Ricordiamo che dopo avere rimandato ad oggi una decisione annunciata per ieri, il neo assessore regionale alla sanità Raffaele Donini aveva dichiarato che la regione avrebbe applicato a pieno le indicazioni che sarebbero emerse dall'incontro serale-notturno tra governo ed autorità sanitarie.
Che, lo ripetiamo, già stamattina, avevano indicato, (e di fatto disposto, andando in tandem con il governo), la proroga della chiusura delle scuole in tre regioni, tra cui l'Emilia-Romagna. Disposizioni alle quali la Regione Emilia-Romagna aveva già affermato e confermato di attenersi.
Ed è stato così che noi, come altre testate nazionali ed in parte locali, abbiamo optato per informare che la decisione, visti i fatti e le dichiarazioni, sarebbe stata questa. Come è stato confermato poco dopo le ore 14. Tutto vero, tutto confermato, tutto pubblicato qualche ora prima, non per generare click, e non con la fortuna di indovini che ci azzeccano (anche questo ci è stato detto e contestato), ma per dare semplicemente una informazione che si, mancava lo 0,01% dell'ufficialità da parte della Regione (visto che a livello nazionale l'ufficialità c'era già), ma era tale, nelle cose, già al 99,99%, specificando che quell'infinitesimale (regionale), ancora mancava, ma che era importante conoscere, anche solo qualche ora prima. Trattandosi di una informazione comprensibilmente attesa da migliaia di famiglie. Da giorni.
Invece in attesa della formalizzazione della decisione già nota e divulgata dai principali organi di informazione locali e nazionali, l'opinione pubblica cosa ha fatto? Si è scagliata contro gli organi di informazione che avevano anticipato (nell'obiettivo di fare cosa utile per le migliaia di famiglie obbligate ad aspettare il sabato per sapere cosa succederà loro lunedì), la decisione nazionale che poche ore dopo, come è avvenuto, sarebbe stata (era stato detto dalla stessa Regione), formalizzata dalle singole regioni, come l'Emilia-Romagna. Contro la stampa anziché contro i decisori regionali che hanno evitato per giorni di informare puntualmente su una indicazione che era, come detto, già chiara. E che sono arrivati lunghissimi, con un ritardo irrispettoso, rispetto alla comunicazione che già si sapeva.
Che questo sia da lezione a quello che potrebbe succedere la prossima settimana. Non è coprendo con una puntuale informativa di dati ufficiali con il numero di contagiati da fare bere alla stampa con convocazioni fissate o rinviate da un'ora all'altra, di mezza giornata all'altra, che si nasconde l'incapacità non solo di garantire un informazione univoca e non contraddittoria (come a tratti si è dimostrata essere), alle famiglie e ai cittadini, sul da farsi (con l'informazione istituzionale regionale bypassata troppo spesso dagli stessi sindaci con ordinanze e video informativi specifici ed arbitrari).
Perché intorno alle famiglie e alle famiglie di lavoratori, che magari non possono fare affidamento ai nonni, ruota non solo la famiglia, ed il mondo della scuola, ma l'intero mondo produttivo e sociale. E a questo, al di la delle dichiarazioni di intenti, non si è pensato, così come non si è pensato, o almeno non si è comunicato (visto che già si sapeva), a come fornire strumenti e indicazioni per la gestione di un'altra settimana. Che diventando due si traducono in conseguenze importanti sul fronte di servizi non usufruiti anche se pagati, contratti di lavoro, ferie, permessi, calendari scolastici.......Non c'è stato alcun accenno non tanto di merito ma nemmeno di metodo. Un semplice...state tranquilli che nel caso in cui le settimane diventino due scatteranno, anche per l'Emilia-Romagna, in parallelo, provvedimenti adeguati.
E allora è chiaro che il problema non era aspettare l'ufficialità di una comunicazione ma dovere sottostare ad una tempistica nella comunicazione, dall'organismo politico regionale, che nello specifico dell'ordinanza della chiusura delle scuole già nei giorni scorsi suonava, e tutt'oggi suona, alla luce di quanto accaduto e data l'importanza e la complessità della situazione e dei sui effetti, come una presa in giro o come mancato rispetto o sottovalutazione. Che, auspichiamo, almeno nei prossimi giorni, non continui a dimostrarsi tale.
Gianni Galeotti