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Non sorprende affatto come ciclicamente si riaccenda il dibattito sulla natura della futura ed eternamente promessa ‘Cispadana’. Quei 67 chilometri di strada che dovrebbero collegare Reggiolo a Ferrara, vagheggiati da anni e mai realizzati, e che nelle intenzioni dei costruttori (Coopsette, Pizzarotti, Coseam, Cordioli, Collini, Wiptaler, Mazzi, Ccc, Oberosler) dovrebbero necessariamente essere a pedaggio, condizione indispensabile per sostenere economicamente il progetto (anche se va ricordato come, pur essendo a pagamento, i conti delle nuove autostrade Pedemontana, Teem e Brebemi non lasciano spazio ad grande ottimismo).
Una tesi - quella della nuova autostrada a pagamento - sostenuta con forza dalle istituzioni locali, regionali e nazionali e dalle forze politiche di maggioranza così come molte dell’opposizione.
Fino a qualche settimana fa solo i comitati e alcune voci critiche chiedevano di percorrere una ipotesi diversa: quella di una superstrada a scorrimento veloce, a due corsie per ogni senso si marcia, gratuita (sull’esempio della Transpolesana che unisce Verona a Rovigo) frutto del semplice completamento dell'attuale strada Cispadana con opere aggiuntive di ampliamento e collegamento .
Personalmente, pur nelle vesti di rappresentante nazionale di una associazione di autotrasportatori, ho sempre ritenuto l'ìpotesi della creazione di una autostrada a pedaggio eccessivamente impattante in termini ambientali e poco praticabile. A meno che non si pensasse che le esigenze delle aziende chiamate a costruire quella strada bastassero da sole a sostenere la bontà dell'intero disegno da oltre un miliardo e 300 milioni. Detto questo rimane un fatto che la rete stradale della ‘Bassa modenese’ ha assoluta necessità di essere potenziata, ma in modo puntuale e con collegamenti ad hoc. Una rete infrastrutturale adeguata è indispensabile per lo sviluppo economico di ogni territorio e per attrarre nuovi investitori.
Ora constato come - tra mille distinguo - stia passando, anche nel mondo delle istituzioni e della maggioranza, l'idea di una infrastruttura più leggera, bretella o superstrada che sia.
Ora si afferma, pure nelle associazioni di rappresentanza territoriali, che non è corretto restare appesi al concetto di autostrada (finalmente un bel passo indietro rispetto alla determinazione sull’autostrada affermata fino a pochi mesi fa), ma occorra iniziare il cantiere anche per realizzare qualcosa di diverso e meno impattante per l’ambiente.
L'impressione però è che questa nuova fase 'a basso impatto' sia il preludio non a un vero e positivo cambio di mentalità, ma a un lento accantonamento dell'intero progetto che così come è, senza risorse pubbliche ulteriori, - come ha affermato in più di una occasione il presidente della società chiamata a realizzarlo, Graziano Pattuzzi - sta in piedi solamente se i costruttori possono contare, nei 49 anni di concessione ipoteticamente già previsti, su introiti che ammortizzino il project financing. E quindi sui pedaggi.
Montagne di carte, fiumi di polemiche, investimenti in progettistica, milioni di soldi pubblici già spesi che rischiano di finire in nulla.
Una progettualità stroncata non tanto dalle polemiche e dalle legittime critiche dei detrattori quanto dalla mancanza di visione proprio di chi quel progetto lo ha pensato e difeso per anni.
Cinzia Franchini