Dai CPT e ai CPR, i centri che da anni dividono la sinistra
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Dai CPT e ai CPR, i centri che da anni dividono la sinistra

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Previsti dalla legge Turco-Napolitano, mantenuti con la Bossi - Fini, e imposti dal Minniti già Viceministro, oggi al centro di un nuovo braccio di ferro tra il Comune di Modena ed il governo. Tutto a marchio PD.


Dai CPT e ai CPR, i centri che da anni dividono la sinistra
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Era il 1998, all’ondata migratoria degli albanesi si mischiava quella dal centro e nord Africa. A Modena, per gestire l’accoglienza degli albanesi, venne scelta la struttura interna all’area militare di Saliceta San Giuliano. Una soluzione che mostrò da subito tutti i limiti di quello che era di fatto un capannone abbandonato, nel quale poteva essere possibile soggiornare solo perché era estate.

Da quel momento, il tema dell’accoglienza, ma soprattutto dell’identificazione e dell’espulsione degli immigrati non in regola per rimanere sul territorio, si fece più pressante. E fu così che gli allora ministri Pds-Ds del Governo Prodi, Livia Turco e Giorgio Napolitano, promulgarono una legge che contemplava l’istituzione dei Centri di permanenza temporanea per tutti gli stranieri “sottoposti a provvedimenti di espulsione e o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera non immediatamente eseguibile”: i CPT (Centri di permanena temporanea).

A Modena, dopo un lungo dibattito politico, venne realizzata la struttura di via La Marmora. Sessanta i posti disponibili. Seguirono anni di alti e bassi.

I CPT previsti dal governo di centro-sinistra furono mantenuti da quello di centro destra che ne ridefinì e funzioni all’interno della Legge Bossi-Fini. E anche per questo le critiche della sinistra più radicale (rappresentata dall’allora rifondazione comunista che aveva messo proprio il superamento dei CPT tra i punti dell’appoggio alla coalizione di governo guidata dal Sindaco Pighi, nel 2004), si fecero più insistenti. Con tanto di consiglieri comunali e di partito a manifestare davanti ai cancelli di via La Marmora (foto dal Resto del Carlino del luglio 2004), giudicando le strutture 'Carceri', chiedendone la chiusura o la riconversione in centri di accoglienza.

Il fronte cosiddetto No Global trovò man forte nelle critiche espresse dalla Corte Costituzionale nei confronti di tali strutture dove, nei fatti, era difficile percepire, anche in termini di strutture murarie, aree isolate, presenza di barriere anti-fuga, la differenza tra detenzione ed accoglienza, tra carcere e luogo di permanenza temporanea per clandestini ed irregolari. Critiche che si scagliarono anche contro la gestione del centro affidata alla Misericordia guidata da Daniele Giovanardi, fratello gemello del Senatore Carlo.

Dai CPT si passò ai CIE, ma sempre di strutture di permanenza temporanea per soggetti comunque destinati ad essere dirottati nuovamente verso i paesi di provenienza, si trattava. A Modena scoppiò anche la polemica degli organici di Polizia in servizio al Centro. Al Governo c’era Prodi ed il viceministro agli interni era proprio quel Minniti che oggi ricopre la carica più alta del Ministero e che ha rilanciato, poco dopo il suo insediamento, il piano di apertura (o di riapertura nel caso di Modena), dei Cie. E a quel tempo fu raggiunto dalla lettera formale redatta e firmata dal Sindaco Pighi e dall’allora Presidente della Regione Vasco Errani tesa a chiedere un impegno formale al ministro per il potenziamento del numero degli agenti alla questura di Modena e, di conseguenza, al Cie. Rinforzi che per la struttura di via La Marmora non servirono più. Perché nel 2013 il Cie chiuse i battenti, sulla scia delle polemiche che videro in quello che da Consigliere provinciale diventò in poco tempo Ministro per la cosiddetta integrazione Cecile Kyenge, una delle sue massime espressioni. Chi non ricorda la sua battaglia condotta per fare uscire il bosnico Senad dal centro, poi arrestato per altri reati? Chiuso ancora oggi ma forse ancora per poco.

Perché il Piano Minniti di riapertura dei Cie vedrebbe in quella di Modena una delle strutture forse più adeguate e pronte di tutta l’Emilia-Romagna. Per questo è facile pensare, ed oggi anche prevedere, che buona parte (almeno 60), degli immigrati distribuiti in più dall'HUB di Bologna, saranno destinati qui. Senza se e senza ma, forse con buona pace dei paletti di Muzzarelli deciso, per ora, a dire NO all'imposizione del governo senza un impegno ed un confronto chiaro sulle garanzie, sull'autonomina, sull'efficacia, sui numeri della gestione e sugli interventi promessi, ma fino ad ora non onorati, sul fronte della sicurezza generale, quella fuori dal CIE

Al netto che gli immigrati che arriveranno a Modena (perché visti i precedenti con la distribuzione degli immigrati imposta di fatto dal governo attraverso la Prefettura, è quasi certo che arriverano), andranno ad aggiungersi sia a quelli inseriti nei progetti di accoglienza sia a coloro che sono usciti, non avendo riconosciuto lo status di rifugiato nei tempi previsti e che, formalmente irregolari, non potrebbero più rimanere sul territorio. E qui il problema si ingigantisce e si fa più complesso da decifrare. Perché ad oggi, almeno ufficialmente, non ci sono numeri e dati capaci di mostrare quanti questi siano formalmente irregolari ed usciti dai percorsi di protezione, facendo perdere le proprie tracce. E aumentando a livelli altrettanto incontraollabili, il numero di irregolari presenti sul territorio.

Gianni Galeotti


Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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