Davanti alla guerra le discriminazioni legate al green pass sono ancor più folli
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Davanti alla guerra le discriminazioni legate al green pass sono ancor più folli

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I cittadini umiliati, ricattati, offesi con i peggiori epiteti, come possono sentire il senso di appartenenza necessario a compattare un Paese in un momento simile?


Davanti alla guerra le discriminazioni legate al green pass sono ancor più folli
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Da un lato l'Europa sprofondata nel dramma della guerra, dall'altro l'Italia ancora impantanata nella palude delle assurde discriminazioni create dal Green pass voluto dal Governo Draghi. Sembra quasi offensivo parlare ancora del 'certificato verde' mentre a poche centinaia di chilometri dal nostro confine esplodono bombe e i leader mondiali, da Putin a Biden, evocano lo spauracchio del conflitto atomico. Eppure offensivo non è parlarne, ma offensivo è il fatto che ancora questo - anche davanti al baratro dell'indicibile conflitto mondiale - accada. E poco importa se i 90% degli italiani non sentono il problema come proprio, se si sentono al sicuro perchè hanno aderito più o meno volontariamente al meccanismo del lasciapassare sanitario. Non importa perchè il problema di una minoranza è un problema di tutti in una società normale.

Se un padre o una madre non può lavorare perchè non ha un certificato sanitario che dà conto dell'aver effettuato un trattamento sanitario, è un problema di tutti. Non solo di quella famiglia.

Lo stesso Governo italiano che in queste ore ha chiuso lo spazio aereo alla Russia, che si è detto pronto a inviare supporto di mezzi militari all'Ucraina, che sottoscrive sanzioni senza precedenti nei confronti del leader russo Putin, continua a trattare una fetta di suoi cittadini italiani come criminali. Ancora oggi, ancora adesso, i cittadini con più di 50 anni nel nostro Paese non possono lavorare se non hanno il green pass. I bambini di 12 anni non possono salire sul bus e non possono fare sport all'aperto. Succede adesso, ora. E dirlo, mentre accogliamo profughi dall'Est, sembra surreale. Eppure accade. Solo in Italia.

Una discriminazione che - ormai è chiaro - nulla ha a che vedere con il contenimento della pandemia (che nessuno ha mai messo in discussione e che è fortunatamente in ritirata), ma che allarga ancora quella frattura sociale che una Nazione in un contesto bellico non può permettersi.
I cittadini umiliati, ricattati, offesi con i peggiori epiteti, come possono sentire il senso di appartenenza necessario a compattare un Paese in un momento simile? Come possono credere alla narrazione bellica se a costruirla è lo stesso Governo che li ha posti agli arresti domiciliari senza la prova di alcun reato commesso?

Ovvio, sarebbe saggio e responsabile, sentire ugualmente il bisogno di unità e di pacificazione interna, ma se il primo a non volerla questa pacificazione è il Governo stesso, allora tutto diventa assurdo. Talmente assurdo da alimentare nella fetta di cittadini discriminati, cacciati dal lavoro e dai luoghi della socialità, un cupio dissolvi che fa follemente sperare in un 'tanto peggio e tanto meglio'. Ecco questa deriva, chi ha responsabilità di Governo non può permettersela. Si eliminino adesso, oggi, subito, i legacci assurdi del green pass che tanto odio hanno alimentato in questi mesi e si ritrovi quell'unità d'intenti calpestata in questi mesi. Forse si è ancora in tempo. Perdonare per chi ha subito mesi di soprusi sarà difficile, ma ancora una speranza oggi c'è.
Giuseppe Leonelli

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