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Ai tempi della sua prima candidatura in Regione, a Modena gli venne appioppato il soprannome di Godot. Stefano Bonaccini è noto per la ponderatezza nelle scelte. Aspetta, valuta, medita cosa è più conveniente al suo percorso politico e poi, a differenza dell'anti-eroe di Beckett, arriva e decide.
Una strategia raffinata che fino allo scorso anno gli ha fruttato una scelta azzeccata dopo l'altra. Segretario regionale del partito, candidato alla presidenza della Regione, ricandidato alla stessa presidenza celando il simbolo Pd dietro a un logo con occhiali e barba verdi: ogni mossa attentamente soppesata si è rivelata vincente e in grado di garantire al politico di Campogalliano uno scatto in più nella propria carriera.
Lo scivolone però è arrivato inaspettato: la sfida alla guida nazionale del partito con Elly Schlein lo ha visto soccombere e così ora Bonaccini si ritrova scalato di qualche casella nel gioco dell'oca della politica e, di conseguenza, a dover affrontare l'ennesimo bivio.
La carta 'imprevisti' prevede due opzioni. Candidarsi alle Europee come capolista nell’area Nord Est e lasciare anzitempo la guida della Regione Emilia Romagna, o restare fedele agli elettori e completare il suo mandato di presidente fino alla prossima primavera?
Un dilemma che costringe Bonaccini a cedere al suo vecchio alter ego, quel Godot tanto atteso e incapace di materializzarsi.
Candidarsi alle Europee significherebbe dire addio ai sogni di gloria politici, ripiegare nella poca visibilità concessa ai parlamentari di Bruxelles e godersi però il faraonico stipendio che il ruolo comporta. Per dirla semplice, una pensione di lusso. Ma per compiere questa scelta occorrerebbe portare anzitempo l'Emilia Romagna al voto, anticipare di sei mesi le Regionali e costringere gli emiliano romagnoli a recarsi alle urne a novembre, invece che a maggio 2025.
Una scelta che profumerebbe di fuga col rischio concreto per il Pd e alleati di centrosinistra di perdere la Regione, visto il forte consenso che il Governo Meloni ancora suscita.
Rinunciare alla candidatura alle Europee significherebbe invece un salto nel buio dal punto di vista delle garanzie di carriera. Bonaccini resterebbe alla guida della Emilia Romagna fino a maggio, ma una volta scaduto il mandato non potrebbe ricandidarsi e di elezioni politiche ed europee non vi sarebbe alcuna ombra. Nessuna poltrona in vista, insomma. Certo la scelta di restare governatore fino a scadenza sarebbe coerente con il volere degli emiliani che lo hanno eletto, consentirebbe al centrosinistra di avere più tempo per affrontare l'assalto alla diligenza del centrodestra guidato dal regista Galeazzo Bignami sperando in un probabile logorio dei consensi del governo Meloni. Tutto bello dal punto di vista collettivo, ma a Bonaccini non converrebbe.
E quindi che fare? In queste ore 'Stefano' sta cercando il modo di presentare come 'utile a tutti' una scelta 'utile solo a stesso': candidarsi alle Europee e provare ad evitare le critiche dei cittadini e dei suoi stessi colleghi di partito preoccupati di perdere la roccaforte emiliana (e di conseguenza anche il proprio stipendio, sia chiaro). Insomma, l'impresa che l'uomo di Campogalliano ha di fronte è ardua, ma nulla a Godot è impossibile.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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