Due decreti al giorno, le istituzioni calpestano l'unità che invocano

L'esempio di civiltà lo stanno dando i comuni cittadini che dalla loro quarantena subiscono lo sbando di un Paese che affronta la tempesta senza una guida

Contestualmente, l'opposizione parlamentare, con la delegazione formata da Matteo Salvini, Giorgia Meloni ed Antonio Tajani, era impegnata, a Palazzo Chigi, a chiedere al governo, tra i tanti punti, ciò che in un paese normale si sarebbe dovuto istituire da subito.
Una cabina di regia, un tavolo di crisi, formato da una autorità tecnica che pur sotto il controllo della politica, abbia poteri per strutturare ed organizzare la risposta operativa e, appunto, tecnica, all'emergenza. Insomma, l'ABC.
Cosa che nei fatti, ad oltre un mese dallo scoppio dell'emergenza, ancora non c'è. Ma ci rendiamo conto? Stiamo parlando di forma di governo (unità di crisi) dell'emergenza istituzionale, che unisce l'indirizzo politico e l'operatività tecnica, che è stata attivata, per questa crisi, per rispondere ai bisogni della popolazione in questa fase dell'emergenza, già in moltissime province d'Italia, Modena compresa. Attraverso i cosiddetti Coc, centri operativi comunali, nuclei con funzioni di protezione civile e di supporto alla popolazione, istituiti in questi giorni anche a Modena, o Vignola o Mirandola. Bene, anzi male, perché se questi organismi ci sono e funzionano a livello territoriale, questa autorità nominata per gestire l'emergenza, a livello nazionale, ad oggi, ancora non c'è.
Roba dell'altro mondo.
E ad amplificare lo sbando di un paese senza autorità, al quale Conte, con il suo istituzionalmente svilente show Facebook creato per annunciare e presentare un decreto che non c'era, ha tolto anche autorevolezza, c'è il titolo quinto della costituizione. Che distribuisce la competenza legislativa, anche su materie di fondamentale interesse come quello della sanità, tra stato e regioni. Una riforma, quella del titolo V che danni continua a produrre più danni che utilità.
Ed è per questo, oltre che per ragioni e rivalità politiche, che ogni governatore si è mosso, e si e potuto muovere, spinto, e di fatto agevolato, dall'inconsistenza politica ed istituzionale del governo, a modo suo.
Fontana chiude la Lombardia prima di Conte che lo rincorre a ruota annunciando, senza averlo ancora scritto, un decreto di chiusura epocale, simile ma dalle maglie più larghe, esteso a tutta Italia. Un decreto che però incide anche sul piano della limitazione delle libertà di movimento personale, ma elaborato e firmato escludendo il parlamento, lo stesso governo, a avendo come interlocutore privilegiato non il governo stesso ma Confindustria. Un decreto che in assenza di una legge precedente e di un confronto parlamentare, rischia di essere, per tanti aspetti della sua applicazione, anche anticostituzionale. Come i penalisti stanno evidenziando.
E non è roba da poco. Non è roba che può passare con il pretesto che bisogna stare tutti uniti e non disturbare il manovratore. Perché se no si rema contro e si è tacciati di strumentalizzare politicamente l'emergenza. Perché un manovratore, oggi, non c'è. C'è un uomo solo al comando con poteri straordinari che ormai rincorre anche la sua ombra. Come ieri ha rincorso il decreto Fontana, alcuni giorni fa il decreto con cui Bonaccini ha messo una stretta sulle attività commerciali, chiudendo anche i mercati alimentari, unico baluardo rimasto.
Poi ha rincorco il ministro Speranza uscito con una ordinanza che anticipava il decreto e vietava gli spostamenti al di fuori dei comuni; ordinanza valida fino all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che lo avrebbe recepito, arrivato un ora dopo. Nascita, applicazione e morte di un decreto nel giro di un ora. E Conte ha rincorso anche quello.
Record e modello europeo e mondiale si, ma di schizofrenia istituzionale e divisione politica. Tra governo e regioni, tra governo e comuni. Un caos di competenze che in solitaria ha portato Bonaccini ieri sera a tagliare per primo/ultimo il traguardo della tappa di giornata della corsa dei decreti. Con la decisione di chiudere con una misura ulteriormente restrittiva, la provincia di Piacenza. Decreto che ha seguito solo di poco anche la pubblicazione del terzo modulo di autocertificazione per giustificare gli spostamenti, ulteriormente modificato. Da stampare su carta, in casa, senza considerare che la stampante, in casa, funzionante, forse un italiano su dieci, oggi ce l'ha.
Ed è così che l'appello all'unità del Paese di fronte all'emergenza è sconfessato e snobbato dagli stessi che lo proclamano. Governo ed istituzioni, sparite anche a livello locale. L'Italia è un paese che sta andando avanti non grazie ma nonostante loro che impongono, giustamente, misure d'emergenza, senza essere in grado di togliere quei vincoli anche burocratici, che consentono ai cittadini ed imprese di rispettarle.
In questi giorni abbiamo visto e toccato con mano la dedizione, il sacrificio e l'amore per il proprio paese dimostrato non solo da medici, infermieri agenti di polizia e militari, ma anche da operatori delle case protette, da insegnanti che riescono a fare scuola da casa, con incredibili difficoltà, dal personale dei supermercati, degli autisti di bus, ai quali lo Stato, ad oltre un mese dallo scoppio dell'emergenza, non ha ancora munito di mascherine e dispositivi di protezione individuale. L'Italia davvero migliore che non merita tutto ciò. E che sarà la vera protagonista della ricostruzione di questo paese.
Gi.Ga.
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