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legati a quel grande piano di rigenerazione urbana vecchio di 20 anni , sono stati rispolverati e con un po' di belletto e qualche slide accattivante ripresentati al governo e alla regione, sotto forma di progetti di rigenerazione urbana.
Per concorrere ai bandi, e magari, come è successo, vincerli, ottenendo così finanziamenti. Diciotto milioni dallo stato arrivati nel 2016 per il piano periferie, comprendente la porta nord della stazione e l'asse fino all'ex mercato bestiame, e recentemente un milione e mezzo dalla regione per l'avvio del primo dei quattro stralci delle ex fonderie.
Un risultato importante di cui va dato merito (come oggi ha ribadito il sindaco Muzzarelli), agli uffici tecnici, ma anche, è giusto aggiungere, allo stesso sindaco. Accettando la sfida di cercare soldi dove ci sono (Europa, Roma Bologna), per riavviare opere pubbliche e progetti abbandonati per 20 anni dai sue due predecessori (Barbolini e Pighi), Muzzarelli ha dimostrato di avere ancora una volta il carattere del cavallo di razza della politica, della vecchia guardia, tentando almeno, pur senza un disegno di insieme diverso da quello che fu, di riempire alcuni dei tanti buchi nella mappa delle riqualificazioni previste e mancate nella fascia nord della ferrovia.
E lo ha fatto pur consapevole che senza una nuova visione di città futura, capace di ridare slancio ad una sfida persa e nella quale re-inserire quelle opere recuperate dal passato (visione che né lui né una giunta sicuramente non all'altezza della sfida hanno dimostrato di avere), i singoli progetti riavviati si sarebbero ridotti, come in realtà si sono già ridotti, a piccoli interventi utili per i sei mesi della campagna elettorale. Sganciati da tutto il resto. Da una città che rimane scucita, anche dopo lo spostamento della linea storica della ferrovia (che apriva ad opportunità anch'esse mancate), non solo urbanisticamente ma anche socialmente. Con progetti destinati a rimanere slegati da un progetto di insieme e a non avere continuità. Perché è questo che stiamo vedendo. Dal sottopasso ex Benfra, che dopo 20 anni di attesa è nato vecchio e superato, rispetto a ciò che doveva nascerci intorno (ex fonderie comprese), agli interventi della porta nord, dopo due decenni ancora sganciati dall'area dell'ex mercato bestiame rimasta senza identità, progettualità e futuro. Senza un disegno di insieme capace di sollecitare anche i privati costruttori ad investire anziché abbandonare l'area e soprattutto ad abbandonare la logica limitata ai pur legittimi interessi economici da un lato e politici dall'altro, sufficienti per garantire potere e rendite di posizione, ma certo a fare crescere la città, come Modena avrebbe meritato.
E su questo il sindaco non ha scuse. Intanto perché nei venti anni che hanno segnato il lancio ed il seguente fallimento dei grandi piani di riqualificazione lui era prima Vicepresidente della provincia di modena con deleghe pesanti anche sul piano delle infrastrutture (Muzzarelli avvallò la scelta del tracciato nord dell'alta velocità che di fatto escluse Modena dal servizio, e dalle opportunità, anche di riqualificazione urbana, che sarebbero arrivate sull'intera fascia ferroviaria), e dopo, come assessore regionale alle attività produttive, quand si parlava già e ancora delle ex fonderie come possibile sede del tecnopolo. E se non era nel 2005 o nel 2010, rieletto in regione, poteva esserlo nel 2014 (quando venne eletto sindaco), la sfida poteva e doveva essere quella ridare una prospettiva, un senso, una direzione, allo sviluppo e quindi al futuro della città. Ciò non è avvenuto.
Il sogno infranto di potere avere oggi una città ricucita sull'asse nord sud e riqualificata lungo l'asse della fascia ferroviaria nord, non è stato sostituito da altri sogni. Ed è così che anche i pochi progetti che si sono sviluppati (dal sottopasso ex Benfra alla riassetto della mobilità della porta nord per fare qualche esempio), appaiono come sono: scollegati tra di loro e da un contesto che in 20 anni si è trasformato e che ha trasformato nel bene e nel male la città, ed i suoi bisogni. Una trasformazione che la politica di questi ultimi 20 anni non ha saputo leggere, interpretare e guidare in una direzione, giusto o sbagliata che fosse.
Tradendo il senso e l'obiettivo profondo della politica stessa. E questo a Modena è successo in quasi tutti i campi dell'amministrazione pubblica: da quello ambientale a quello infrastrutturale, da quello culturale a quello sociale e, non ultimo, quello urbanistico. Dove sono i costruttori privati a scegliere e a fare la politica e non, come dovrebbe essere, il contrario. Dove, certo, non tutto è stato sbagliato ma dove sicuramente si è smarrita la direzione, il senso, la prospettiva. E' in questo contesto che vanno letti i progetti dettati dalle cooperative di costruzione e non dalla volontà politica, come lo è stato anche di recente, quello dell'ex Amcm. Ed è in questa assenza di prospettiva concreta che non a caso viene rispolverato il vecchio progetto delle ex fonderie. E potremmo continuare. Sarà nella volontà e nella capacità di potere riempire questo vuoto lasciato dalla mancanza di slancio e visione di una politica che ha perso anche il proprio primato, che si misurerà la capacità del nuovo governo che la città avrà dopo le elezioni di maggio