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'Da venerdì 6 agosto nei luoghi della cultura si potrà entrare solo esibendo il Green pass. Per visitare il Museo civico e gli altri musei cittadini, salire sulla Ghirlandina o visitare le sale storiche del Palazzo comunale e il nuovo Diurno di piazza Mazzini, usufruire delle biblioteche comunale e assistere a spettacoli in teatro, al cinema ma anche all’aperto, sarà necessario, essere in possesso del documento (in formato digitale o cartaceo) che certifica l’avvenuta vaccinazione contro il Covid-19, oppure un tampone negativo eseguito nelle ultime 48 ore o la guarigione dalla malattia negli ultimi sei mesi'. Così l'ufficio stampa del Comune ricordava con una nota le disposizioni governative più restrittive sull'obbligo del certificato verde. Mai in Italia e non solo, ma soprattutto in Italia, ci si era spinti a tanto.
Alla barbarie politica nell'emanazione di divieti e restrizioni, (così come all'accettazione supina, dalla maggior parte della popolazione, di regole divieti e disposizioni che in nome di una emergenza prorogata oltre ai limiti inimmaginabili anche di una guerra o di una catastrofe), che incidevano in maniera totalizzante su principi, libertà, diritti costituzionalmente garantiti, pareva non esserci limite. L'apparente irrazionale esperimento si spinse talmente oltre da arrivare a vietare e differenziare la possibilità di accedere ad aree della e delle città non più sulla base della vaccinazione ma sulla base del numero di dosi. L'immagine di piazza Roma a Modena vuota ma accessibile solo con il green pass rafforzato, ovvero frutto della terza dose (booster), e rappresentato simpaticamente sul cartello di divieto anche con una grafica da cartone animato, è un qualcosa che non si può e non si deve dimenticare.
Perché fu simbolo del sonno della ragione, dell'eliminazione nell'equilibro tra pesi e contrappesi che reggono lo stato di diritto. Perché rappresentava la negazione di tutto. Scienza compresa. Perché, come venne dimostrato poi, tutto ciò non aveva e non poteva avere presupposto scientifico. La vaccinazione non proteggeva dal contagio, i limiti spaziali all'aperto, tantomeno con o senza mascherina, non avevano semplicemente senso. Su qualunque piano li considerassimo. E, soprattutto, non garantivano sicurezza. Non garantivano protezione. Intorno al quale si era costruito il meccanismo perverso e discriminante, violento, del Green Pass. I vaccinati continuavano a contagiarsi e a contagiare. Anche di più, nella falsa illusione di essere protetti. Fuori e dentro i teatri o gli ospedali, con o senza green pass, con o senza mascherina. E senza entrare nel capitolo degli effetti avversi, ufficialmente non esistenti vista la mancata applicazione di una sorveglianza attiva. Il tutto solo tre anni fa.
Eppure, tornando al quel sei agosto di tre anni fa, il Comune scriveva: 'Il Green Pass ha l’obiettivo di consentire a tutti di frequentare in sicurezza i luoghi di cultura e, allo stesso tempo, di permettere un ampliamento graduale delle possibilità di fruizione: alla biblioteca Delfini, per esempio, dopo tanti mesi sarà nuovamente possibile utilizzare, prenotandosi, i computer per navigare in internet e per vedere film (in questo caso è necessario portare con sé le proprie cuffie). Nelle biblioteche il Green pass sarà necessario anche per il prestito, mentre per la restituzione si possono utilizzare i box esterni.
All’ingresso del Museo civico, che si può visitare dal venerdì alla domenica, dalle 18 alle 23, delle biblioteche comunali (la Delfini e le biblioteche decentrate Crocetta, Giardino e Rotonda), dell’Archivio storico, della Torre Ghirlandina, delle sale storiche e dell’Acetaia comunale come del Nuovo Diurno per le visite guidate sarà presente personale incaricato che effettuerà i controlli avvalendosi di una app di verifica che, nel rispetto delle norme sulla privacy, legge i dati della certificazione senza trattenerli'. Sembrerebbe un secolo, anzi, un'altra dimensione, un altro mondo. Eppure era così
Il Green pass è necessario anche per assistere agli spettacoli all’aperto come la rassegna “I giardini d’estate”. La discriminazione infondata (posto che una discriminazione possa essere fondata), si estendeva in quel periodo alle scuole, alle fabbriche, allo sport. Vietandolo, provocando così danni, in tanti casi irreversibili, ad una intera generazione. Sempre più malata, fisicamente e psicologicamente. E non siamo noi a dirlo, ma i dati, la scienza medica e sportiva. Che ieri, però, di fronte a decreti inumani, taceva, anche di fronte al danno, e alla discriminazione, fisica e psicologica. La stessa comunità scientifica che segregò e condannò i medici che volevano continuare a fare i medici, e che smise di vaccinarsi appena cadde l'obbligo (ricordiamo che a nostra domanda anche i sanitari dell'Ausl ammisero di vaccinarsi in egual misura, se non meno della popolazione ordinaria che a quel tempo corrispondeva a due persone su 10), e che oggi lascia partecipare a sport di gruppo anche le centinaia di atleti olimpici col covid, legittimando tuffi e gare nelle acque a rischio colera, della Senna. Un paradosso che si ripete ma che evidentemente viene rimosso. Forse perché è più facile essere ingannati che ammettere di esserlo stati.
Gi.Ga.