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Massimo 100.000. Questa la capienza limite imposta per il progetto della maxi-arena per concerti e spettacoli che sarà ricavata nell'area del Campovolo di Reggio Emilia. Un limite che impressiona per un'area che ne potrebbe contenere almeno il doppio o il triplo ma che per evidenti ragioni di sicurezza non potrà superare il limite di 100.000, appunto. E che per questo impressiona se posta a confronto con gli oltre 220.000 concentrati a ridosso del centro storico.
Un progetto, quello della maxi-arena di Reggio Emilia, che al di là della capienza non certo da record, mostra una visione di prospettiva e di sistema. Che Modena non ha, o non ha più, da almeno 15 anni.
In campo infrastrutturale (vedi le scelte che hanno portato lontano dal centro l'alta velocità dalla quale Modena, a differenza di Reggio Emilia, è stata esclusa), dall'uso degli spazi (si veda il naufragio dell'area dove doveva sorgere il polo funzionale di Cittanova 2000, o dal quartiere fieristico stesso che a Reggio è stato in parte riconvertito, nei tempi 'morti' ad ospitare spettacoli musicali e teatrali al coperto), allo sviluppo dei servizi (si provi oggi a raggiungere il tribunale di Reggio Emilia e quello di Modena). Solo qualche esempio.
Modena, capace quando ci si mette e quando ne ha voglia, di essere protagonista, pur in maniera geniale perché quasi estemporanea, di grandi cose, addirittura di capolavori, difetta da molti, troppi anni, a livello di governance, di una visione di sviluppo, di una programmazione concreta e di insieme e, appunto, di prospettiva e di respiro internazionale.
A quel livello internazionale che Modena è. Per ciò che è e per ciò che ha. Per la sua storia, per la sua tradizione. Cose belle, cose buone e cose grandi, che hanno solo bisogno di essere valorizzate, non solo nello spazio di una sera. Nuovamente. Perché Modena quei tempi in cui fare sistema e pensare in grande in maniera continuativa, li ha conosciuti. Eccome. Fino alla fine degli anni 80 è stato così.
Perché dopo, e la fotografia dell'oggi lo dimostra, quella visione si è persa e si è proceduto (o non proceduto), a macchia di leopardo con mega-progetti naufragati (la lista è nota quanto lunga), perché non inseriti in una visione di insieme. Dagli spazi urbani non riqualificati e scuciti da decenni dal contesto urbano, fino ad arrivare allo stesso Parco Ferrari, soprattutto e proprio nella parte che in questi giorni ha ospitato il concerto dei record, o al contenitore pieno di investimenti ma vuoto di identità e di prospettiva quale è il S.Agostino, per il quale oggi si apre la conferenza dei servizi). Un grande mosaico dove i pezzi, a differenza di quelli che hanno realizzato in una notte l'immagine del successo del Modena Park, in parte sono anneriti, in parte sbiaditi, in parte mancanti. Al punto che in nessuno di questi trova ancora, dopo 20 anni, spazio e definizione nemmeno per un luogo per ricordare, e tantomeno ospitare, un omaggio degno per Pavarotti.
In questa ottica si sono persi 20 anni. Anzi, di più. E da questa consapevolezza Modena e chi la amministra (che sia Muzzarelli ed il PD o altri), deve ripartire. Magari partendo dalla benzina e dalla carica d'insieme fornita da questo grande evento che ha unito Modena in una notte senza tempo. Per non ritornare a dovere ricorrere ad un evento record (che ben venga anche domani) per nascondere ciò che per Modena non è stato.
Gianni Galeotti