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E' già successo quando a trainare il centrodestra era la Lega. Il vento nazionale spingeva in una direzione precisa, eppure l'Emilia e l'asse Modena-Reggio-Bologna in particolare, non veniva minimamente incrinato da questo contesto nazionale. Ieri accadeva con la Lega, domani accadrà con Fratelli d'Italia.
Qui nella Modena targata Pd non si cambia. Nonostante le feste dell'Unità semideserte, nonostante i 70 e oltre anni di governi monocolore, nonostante le inevitabili storture legate alla mancanza di alternanza, qui non si cambia. Qui il Pd alle elezioni politiche può imporre ogni cosa, anche la ex berlusconiana Lorenzin o il democristano Casini, finanche l'ivoriano Aboubakar Soumahoro, ottimo sindacalista ma che di modenese non ha nulla, perchè il popolo Pd risponde comunque 'obbedisco'. In ogni caso. E quando il centrosinistra deve essere sicuro di far eleggere qualcuno lo catapulta qua, perchè qui si accetta ogni cosa nel nome della ditta.
La domanda è perchè? Per quale motivo questa terra, l'Emilia delle fabbriche e della cultura concreta del lavoro, non ha mai coltivato il valore della alternanza politica? Quella alternanza che, al di là di come la si pensi, apre a nuove idee, libera risorse fresche, in primis sul piano culturale e artistico, e permette a chi governa di confrontarsi con il diverso da sè. Migliorandosi.
La risposta sta certamente nella indubbia capacità del centrosinista di mantenere la rete di rapporti, a tutti i livelli, costruiti nei decenni nel territorio. In Emilia i luoghi del divertimento sono Arci, i luoghi dello sport dilettantistico sono Uisp, i sindacati ruotano intorno alla Cgil. In Emilia spesso il lavoro fa rima col mondo cooperativo, per fare gli esami del sangue si può anche andare all'interno di una polisportiva, la banca del territorio si scrive Bper ma si legge Unipol e se serve un commercialista c'è l'associazione di categoria di riferimento.
La stessa Diocesi è sempre stata guidata con spirito 'progressista' e, in realtà, don Camillo e Peppone qui non hanno mai litigato.
Funziona così. Non vi è nulla di illegittimo. Il problema non è legato a questo atteggiamento comprensibile del sistema di potere che vuole ovviamente salvare se stesso. Al di là delle idee. Il problema è che chi è stato chiamato negli anni a raccogliere la sfida della alternanza di governo vi ha semplicemente rinunciato accettando supinamente il ruolo da comprimario quasi fosse quello che la Storia, Dio, il Fato avessero inciso per sempre nella pietra dell'esistenza.
E successo così per decenni e negli ultimi tempi questa rinuncia è stata ancor più evidente. Tre anni fa, con la Lega che veleggiava oltre il 30% a livello nazionale, in Emilia Romagna il centrodestra ha scelto per sfidare Bonaccini a Bologna e Muzzarelli a Modena due candidati decisamente con poco appeal i quali, infatti, nulla hanno portato come valore aggiunto in termini di voti rispetto alla dote a loro riservata dal contesto nazionale.
Ma la scelta degli uomini è solo il limite più appariscente del centrodestra. La vera resa è rappresentata dalla completa incapacità dimostrata negli anni di creare una rete parallela credibile alternativa al centrosinistra. Forza Italia prima, Lega poi, Fratelli d'Italia oggi, impegnati a fare battaglie di posizione al proprio interno, impegnati ad attaccarsi a vicenda per un voto in più, continuano a rinunciare alla creazione di una vera e solida progettualità alternativa di governo. Una progettualità in grado di convincere e, perchè no, anche rassicurare il mondo imprenditoriale che magari a livello nazionale vota centrodestra, ma che sul territorio dice di voler scegliere 'il meno peggio'. Una progettualità capace di dar respiro a mondi culturali, produttivi e legati allo svago e alla informazione che possano sentirsi parte di questa alternanza. Questo non è mai stato fatto e continua a non essere fatto. Il 25 settembre vincerà sicuramente il centrodestra le elezioni nazionali, il partito della Meloni otterrà una valanga di consensi anche in Emilia, ma non cambierà nulla perchè la credibilità territoriale non è frutto di una manna romana. Si costruisce dalla base e sul territorio e qui non si è fatto nulla. O quasi. Qui il centrodestra è vittima di un misto tra sudditanza a un potere apparentemente inscalfibile e scientifica rinuncia a lottare per un cambiamento.
E allora, in fondo, è per questo che l'Emilia, Modena, Bologna e Reggio, continueranno a essere un territorio a sè stante. Un porto sicuro per il Pd e per il centrosinistra. Un fortino a livello nazionale, una casa che si spaccia come progressista ma che è profondamente conservatrice. Eternamente uguale a se stessa, con le finestre sempre meno trasparenti e sempre meno capace di guardare fuori da sè, a livello locale. Tra un anno verranno scelti dal 'centrodestra unito' candidati da contrapporre agli eredi di Bonaccini, Muzzarelli e del reggiano Vecchi, sapendo di perdere. Li si sceglierà possibilmente il meno ingombranti possibile affinchè non possano adombrare le mire dei leader locali e - con tanto rammarico - si annuncerà analizzando la sconfitta di 'averci provato e che la prossima volta sarà quella buona'. Già, la prossima.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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