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A distanza di poche ore dall’elezione di Papa Leone XIV, il nome del nuovo pontefice continua a far discutere e ad alimentare dibattiti e 'congetture'. Non solo per la sua, per i più, inattesa elezione ma anche per le sorprendenti previsioni che qualcuno aveva azzardato alla vigilia del conclave. È iniziata infatti una piccola caccia a chi, tra commentatori, esperti vaticanisti e perfino semplici lettori, aveva davvero colto nel segno.
Tra questi, la più clamorosa, è quella relativa ad una lettera pubblicata su la Repubblica, firmata da un certo Vincenzo V. nella quale con sorprendente sicurezza, si diceva che il futuro papa avrebbe scelto il nome di Leone XIV. Una previsione che oggi, riletta alla luce dei fatti, ha qualcosa di clamoroso.
Tanto più che il nome del cardinale Prevost, oggi Papa Leone XIV, non compariva in nessuna delle due liste dei papabili elaborate dall'Intelligence americana e distribuite nel report destinato ai cardinali americani prima dell'inizio del conclave. Non era tra i favoriti né tra gli outsider. Né nell'elenco ristretto di circa una decina di nomi, né in quello più esteso. In parallelo si svolgevano anche le scommesse sul suo nome. Poco se non per nulla considerato nei parametri. Addirittura, secondo il “toto papa” statunitense, le sue chance erano valutate 10 a 1. Insomma, non era considerato in alcun modo un possibile successore di Pietro.
Le reazioni della stampa italiana ed estera oscillano tra lo stupore e l’inquietudine sul mistero e sui della scelta sulla quale pesa anche la tempistica. Relativamente veloce, segno di una unità nel e del conclave insolita nell'elezione. Avvenuta appunto a nemmeno 24 ore dall'inizio del conclave stesso.
In parallelo si moltiplicano le congetture su una possibile influenza del nuovo presidente degli Stati Uniti nella scelta del conclave, (e oggi quell'immagine diventata virale di Trump vestito da Papa assume un significato ben oltre il simbolico), così come su una solo presunta diretta e fedele continuità con Francesco. Senza entrare nei dettagli ma ciò che rimbalza nei commenti e nelle letture degli esperti vaticanisti sono l'attenzione ai dettagli dell'abito con cui Papa Leone XIV si è presentato alla folla di San Pietro e al mondo: non più sobrio come quello di Francesco ma più ricco e curato nei particolari, più riconducibile alla 'prima' di Ratzinger, Papa Benedetto XVI. Così come più freddo e meno condizionato dall'indubbia emozione del momento l’atteggiamento tenuto davanti a quell'immensa folla e allo sguardo del pianeta su di lui. Dolce nella parole, certamente e non potrebbe essere altro in quella circostanza, ma quasi come retto da una strategia già chiara sulla direzione da intraprendere.
Anche il linguaggio scelto da Leone XIV, che si richiamerebbe al Leone Magno, vescovo e teologo del V secolo, ha fatto pensare a una precisa intenzione di discontinuità. Come ha osservato Giovanni Maria Vianne, ex direttore de L’Osservatore Romano, il nome scelto evoca una figura di rigore dottrinale ma anche di potenza spirituale, capace di mediare e guidare in tempi di disorientamento.
Nel frattempo, la domanda rimbalza da una redazione all’altra: chi è davvero quel Vincenzo che ha formato la lettera di Repubblica? E come faceva a sapere – già martedì, due giorni prima dell’elezione – che il nuovo pontefice avrebbe scelto proprio il nome di Leone? In un’epoca di fughe di notizie e algoritmi predittivi, è affascinante pensare che una semplice lettera possa ancora sorprendere più di un report riservato dell’FBI.
Gi.Ga.
Gianni Galeotti
Nato a Modena nel 1969, svolge la professione di giornalista dal 1995. E’ stato direttore di Telemodena, giornalista radiofonico (Modena Radio City, corrispondente Radio 24) e consiglie.. Continua >>