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La frase più significativa sulla natura politica del governo nato dall’alleanza PD e M5S (indigesta sia al popolo PD e che 5 stelle), l'ha pronunciata Di Maio: ' E ora il programma’'. Segno che la natura dell’accordo con il PD non è basata sulla condivisione di punti politici e, appunto, programmatici, quelli necessari al paese per dare un governo capace se non di risolvere almeno di affrontare le sfide all'orizzonte sul piano nazionale ed europeo, ma di meri calcoli legati alla conquista e alla spartizione del potere in mano all’esecutivo che sia per i 5 stelle che per il PD combacia con un altro obiettivo impensabile da raggiungere attraverso il voto, ovvero continuare (o ritornare a governare) senza Salvini, anzi contro Salvini. Ed evitando contestualmente le elezioni che ad oggi garantirebbero con tutta probabilità la vittoria del centro-destra e l’elezione, più avanti, del Presidente della Repubblica.
Una soluzione all’Italiana, da prima, anzi primissima repubblica, che tradisce la natura almeno dichiarata dei 5 stelle, dove la vecchia politica di palazzo (che andava aperta nei suoi cassetti come una scatoletta di tonno), che ancora costituisce la linfa della democrazia parlamentare, nonostante l’innesto del 5 stelle (che non combacia con la democrazia intesa dal popolo, solo formalmente, sovrano), tutela se stessa, per governare e continuare a governare a tutti i costi, con la scusa di stare tutelando gli interessi del Paese. Una politica che Salvini (chi è causa del suo mal del resto 'pianga se stesso), in una maniera troppo ingenua e presuntuosa, pensava di superare, rimanendone invece superato, schiacciato.
Ed è così che in due settimane l’Italia si troverà con un governo a marchio PD ed a trazione 5 stelle dichiaratamente e paradossalmente in discontinuità con quello precedente, guidato dallo stesso presidente del consiglio, improvvisamente ed altrettanto paradossalmente buono per tutte le stagioni.
Con un ulteriore paradosso. Che i due protagonisti dell’alleanza, i capi politici Zingaretti e Di Maio, sono di fatto commissariati rispettivamente da Renzi (a cui risponde ancora la maggioranza dei parlamentari), e da Conte, pronto a riprendere in mano il governo in discontinuità con se stesso. Cosa che lo rende al limite della 'macchietta' politica pilotata da Bruxelles non certo da Roma, nonostante l'endorsement del presidente Usa Trump.
Una cosa è certa: il potere conquistato per manovre ed accordi di palazzo, potrà portare ai 5 stelle e al PD un vantaggio immediato (il PD sa bene, sicuramente meglio della Lega e del centro come occupare ed usare il potere), ma tradisce la sostanza di ciò che i rispettivi capi politici (Zingaretti e Di Maio), avevano promesso ai loro elettori: Un cambiamento rispetto alla vecchia politica pronta a rinnegare se stessa (mai con i 5 stelle e mai con il PD dicevano rispettivamente Zingaretti e Di Maio,) e a rifiutare i giochi di palazzo, che pur legittimi in una democrazia parlamentare (del resto anche l'accordo post elettorale Lega-M5S non era proprio prevedibilmente prevista e digeribilie), non rispecchiano le aspettative ed i desiderata che l'elettorato, soprattutto 5 stelle, aveva maturato. Una realtà che mina alla radice l'essenza stessa di un governo dichiaratamente di cambiamento e l'efficacia stessa di un esecutivo nato senza anima politica.
Gi.Ga