Il sì al Cie e il passo indietro di Muzzarelli

Il sindaco pronto a non ricandidarsi tra due anni e mezzo. E allora può permettersi di cedere alle pressioni del governo nonostante faranno perdere consensi. Sullo sfondo un patto con Richetti per lanciare la Ferrari: in cambio un posto a Roma


I fatti sono noti: il ministro Domenico Luca Minniti, detto Marco, ha inserito Modena tra le undici città italiane, la sola in Emilia Romagna, in cui sorgeranno i nuovi Cpr, i Centri permanenti per i rimpatri che sostituiranno i vecchi Cie.
Se il governatore Stefano Bonaccini sinora nulla ha proferito a riguardo, il sindaco Giancarlo Muzzarelli ha tentato di frenare sull'ipotesi di apertura di un centro da 150 ospiti e ufficialmente ha chiesto un 'confronto con il ministero', ma di fatto ha già dato la disponibilità a dire 'sì'.
Si è messo a servizio, si potrebbe dire con uno slogan consumato. Il problema è che questo 'mettersi a servizio' costerà tantissimo in termini elettoriali e Muzzarelli, che è politico esperto e lo sa benissimo.
Ospitare un Centro per immigrati significa per una città come Modena esporsi a critiche feroci da parte delle minoranze, da chi sventola la sicurezza come un vessillo e da chi è giustamente allarmato, senza strumentalizzazioni.
Perchè qui della differenza tra percezione e realtà non importa nulla a nessuno. Un Cie, di più l'unico in Emilia Romagna, toglierà per forza consensi alla giunta, al sindaco (che peraltro ha tenuto a sè la delega alla sicurezza) e al partito di Governo.
E quindi? Quindi per gli addetti ai lavori di piazza Grande, questa scelta del ministero, in accordo con la Regione, è la dimostrazione di uno scenario politico ormai chiaro.
Giancarlo Muzzarelli non si ricandiderà a sindaco di Modena nel 2019. Finito il proprio primo mandato sotto la Ghirlandina cercherà la strada del Parlamento o, più verosilmente, ha già preparato per se stesso un percorso verso un ruolo tecnico in Regione o a Roma. E quindi, sapendo di essere fuori dai giochi tra due anni e mezzo, può permettersi di scivolare sul Cie, così come può permettersi di fare promesse future a destra e a manca.
Un ruolo libero insomma, e ancora più libero perchè segreto. Un po' come il Giorgio Pighi ultima maniera che forzò su piazza Roma fregandosene di indispettire i commercianti del centro, perchè sapeva che non avrebbe più cercato il loro voto. Un po' come Pighi, ma meglio di Pighi perchè del passo indietro di Muzzarelli ancora nessuno sa.
Eppure lo scenario sarebbe frutto addirittura di un patto con l'astro (ri)nascente renziano Matteo Richetti, il quale avrebbe assicurato (di concerto con Bonaccini) un posto sicuro a Muzzarelli, per poi lanciare la volata a sindaco a Ludovica Carla Ferrari.
Questo almeno quello che vorrebbero i renziani doc (o meglio quelli della prima ora richettiani e non malettian-boschiniani, tanto per categorizzare il tutto).
Con due grosse incognite che gravano su questa ipotesi: quanto le promesse di Muzzarelli, e il suo stile da last three days, peseranno sulla corsa nel 2019 di Ludovica Ferrari, che di Muzzarelli è comunque assessore? Ludovica, che è odiatissima dagli Articolo 1 di Trande e Bosi, da lei definiti sobriamente 'traditori', e quindi non potrà cercare alleanze a sinistra, non rischia di essere candidata ma di perdere contro i 5 Stelle o il centrodestra (se dovesse mai miracolosamente compattarsi)? E ancora, gli ex Ds-bonacciniani (Bortolamasi e Guerzoni su tutti) si accontenteranno di lasciare il passo a una richettiana doc, indipendentemente possa o meno vincere?
Domande alle quali però Muzzarelli, che oggi cede sui Cie, tra due anni non sarà più interessato.
Giuseppe Leonelli
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