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In queste ore una platea anche qualificata di persone sta commentando, da diversi profili FB, e condividendo con post a tratti celebrativi, a tratti nostalgici, a tratti critici, la figura e l'operato dell'ex assessore regionale alla sanità, nonché nominato commissario per l'emergenza Covid in Emilia-Romagna, Sergio Venturi.
Una figura che, prima dell'emergenza, molti cittadini ricordavano al massimo e solo come ferma sostenitrice della chiusura dei punti nascita, ma tornata in auge con la scelta del Presidente della regione Bonaccini, di nominarlo commissario per l'emergenza. A metà tra il tecnico, il politico e, con le sue dirette social dalla pagina ufficiale della Regione, pseudo divulgatore scientifico che grazie al megafono della rete, ma soprattutto al vuoto pneumatico della politica regionale, soprattutto in ambito sanitario, è diventato in due mesi, nell'immaginario collettivo, un gigante tecnico e politico, assunto quasi a guru con tanto di braccialetto etnico (che offre anche un aria da esotica saggezza), tale da rendere piacevole una narrazione che nello scorrere degli appuntamenti, e letta tra le righe, ha finito per demolire lo stesso modello con cui l'Emilia Romagna ha affrontato l'emergenza e che lui stesso era chiamato a rappresentare.
Paradosso nel paradosso.
La diretta FB, con i giovani del PD, ha rappresentato, in queste ore, la summa di questo decalogo a puntate in cui Venturi ha messo in luce quelli che lui chiama errori commessi dalla Regione dai quali imparare, ma che in realtà sono molto di più, perché dimostrano fallimenti a tutto tondo e sbagli macroscopici nella gestione dell'emergenza Covid da parte della Regione. E che solo una sanità con professionisti straordinari e non certo la politica che la guidava, ha garantito non degenerasse.
Perché ammettere, come ha fatto nella diretta con i giovani del PD, che tornando indietro, il lockdown, in quei termini, non andava fatto, e ribadire ciò che aveva affermato anche nelle ultime dirette, ovvero che il virus andava aggredito fuori e non dentro gli ospedali, da subito, nei focolai, significa sconfessare il suo stesso operato dei primi giorni e con esso quello della nuova giunta regionale chiamata, perché al governo, ad affrontare l'emergenza.
L'elenco delle ammissioni di responsabilità è lungo, tutto confermato da Venturi: dai tamponi che in Emilia Romagna non venivano fatti semplicemente perché non c'erano. Non c'erano nemmeno all'interno degli ospedali. Per arrivare alla mancata azione rispetto ai focolai che c'erano, eccome se c'erano, nelle case protette così come nelle case di tutti, dove migliaia di persone, anche con sintomi evidenti, erano obbligati a rimanere, con i propri famigliari, senza tamponi, senza controlli, e portati in ospedale dove le terapie intensive scoppiavano, solo quano erano in condizioni tali da richiedere la terapia intensiva come unica soluzione. Ospedali che hanno retto allo tzunami nonostante e non grazie a chi dal fronte politico e dalla gestione dell'emergenza quello tzunami avrebbe (e Venturi lo ha ricordato nelle ultime dirette e lo ha ribadito oggi), dovuto e potuto evitarlo. Venturi per primo. Anche solo perché chiamato a fare quello, a 9000 euro al mese, e non certo per leggere i numeri in diretta FB delle conseguenze del non averlo fatto.
Perché l'Emilia-Romagna, soprattutto ad inizio emergenza, è stata anche la Regione in cui medici degi ospedali positivi ma asintomatici venivano, da circolare dell'Ausl pubblicata da La Pressa e poi ritirata, autorizzati a rimanere in corsia, pur su base volontaria. Tutto confermato, una volta esploso il caso, da Venturi stesso. Perché l'Emilia-Romagna (e lo abbiamo più volte raccontato), è la regione in cui il personale delle case protette, compresi coloro entrati in contatto con soggetti positivi, è stato lasciato anche in questo caso senza tamponi e senza test fino alla seconda metà di aprile, oltre che, all'inizio, senza mascherine di ricambio ma soprattutto adeguate istruzioni su come usarli. Perché l'assenza di una cultura della prevenzione e dell'utilizzo dei dispositivi di protezione, nelle prime fasi dell'emergenza, ha causato, a detta dei formatori interpellati, forse più danni dell'assenza stessa di dispositivi. Senza considerare gli infermieri tolti nel primo periodo, dalle strutture per convergerli in ospedale. Precettati dall'Ausl, senza se e senza ma.
Perché l'Emilia Romagna è anche la regione in cui gli operatori sociosanitari delle case per anziani si sono trovati ad accogliere ospiti in uscita dagli ospedali e non sottoposti a tampone; operatori che hanno vissuto per mesi con l'incubo ed il dubbio, mai fugato per l'impossibilità di essere sottoposti loro stessi al tampone, di avere contratto il virus e di averlo attaccato, ai loro pazienti da un lato e ai loro familiari dall'altro. Perché questo è successo in Emilia-Romagna, questo è ciò che Venturi ci ha raccontato e con la sua apparentemente saggia e ricercata flemma ha provato, ed in molti casi è riuscito, a fare digerire. Come se non si potesse, in questa Regione già al top, fare meglio. Quando invece di meglio si poteva e si doveva fare. Come lui stesso, Venturi, pagato 9000 euro mese per gestire e raccontare l'emergenza, ha ammesso nelle ultime dirette e ribadito in queste ore, nella diretta con i giovani pd, ad incarico finito. Quasi come dire, si ci siamo sbagliati, fosse sufficiente per spiegare, giustificare, ed andare oltre a quanto era successo.
Ma è forse proprio qui che sta la grandezza mediatica di Venturi: nel modo in cui, con il suo flemmatico racconto quotidiano delle 17,30, è riuscito nel capolavoro di fare passare come positivo risultato della Regione e dalla sua gestione dell'emergenza, tutto ma soprattutto il suo contrario. La strategia del concentrare tutto sugli ospedali prima, e la volontà dichiarata di volere aggredire il virus fuori dagli ospedali dopo. Le ultime dirette facebook in cui Venturi annunciava tamponi, test, aggressioni del virus dentro le case, equivalgono tutte ad una clamorosa ammissione di ciò che di importante e fondamentale non era stato fatto prima. Dalla Regione e come commissario, anche da lui. Con tutte le conseguenze devastanti che per questo si sono registrate.
Per questo l'eredità di Venturi pronto per esempio a dichiarare, di fronte alla strage consumata nelle Cra, che è necessario modificarne radicalmente il modello di gestione e l'organizzazione, equivale ad una bocciatura rispetto a quella politica di governo che negli ultimi decenni quel modello, a livello regionale e territoriale, lo ha creato e sostenuto. Così come lo è oggi bocciare il lockdown. Non si sa quanto di questo si possa essere felici e soddisfatti come Emiliano-Romagnoli, a prescindere dal proprio voto. Fatto sta che l'assenza di leadership ed il vuoto della politica, e di cui ha goduto anche la figura di Bonaccini, resa più forte dal vuoto del resto, hanno reso Venturi un gigante più grande di quanto è. Al punto da uscire da gigante anche dal disastro di cui si è fatto commissario portavoce. ll fatto di essere riuscito, da medico oltre che da politico assessore e tecnico dell'emergenza, a sconfessare il suo stesso operato nel giro di poche settimane, facendolo passare come un successo per la Regione, tale da essere spacciato come 'modello', lo rende sicuramente e almeno mediaticamente, tale.
Gianni Galeotti