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Forse per festeggiare insieme la Liberazione al di là delle appartenenze è possibile sostituire la parola 'partigiani' con 'patrioti', ma certamente non è possibile cancellare la parola 'Fascismo'. No, non è possibile celebrare il 25 aprile senza una ferma condanna del 'Fascismo'. Ieri come oggi. Non è solo una questione lessicale, ma si tratta di un profondo principio sostanziale. Rimuovere gli orrori del Ventennio, riscrivere la Storia cancellando le colpe del regime di Mussolini, l'abominio delle legge razziali, l'alleanza con la Germania nazista, le deportazioni degli ebrei e i campi di lavoro ai quali vennero destinati migliaia di giovani militari all'indomani dell'8 settembre del 43, significa spalancare le porte verso nuovi abissi, rinunciare a ogni anticorpo, accontentarsi di un sonno della ragione utile al governo di turno, ma estremamente pericoloso.
La Germania i conti col proprio passato li ha fatti. L'Italia no.
E' un fatto. Il 25 aprile dovrebbe essere la festa di tutto il Paese, indipendentemente dalle appartenenze politiche di ciascuno. Uniti nel festeggiare la Liberazione del 1945, uniti nel rivivere quel vero momento di gioia e orgoglio collettivi, per tentare di trovare unità nelle lotte a ogni possibile oppressione futura, per continuare a lottare per una Libertà che non è mai piena, che è sempre fragile e minacciata (come insegna la gestione della pandemia) e che va conquistata pezzo per pezzo. Se così ancora non è, se questa comunione di intenti che parta dalla lettura della Storia è solo una utopia, una parte della colpa è certamente nella volontà dei partiti della Sinistra di avere l'esclusiva di tale ricorrenza, del 25 aprile, per poterla sfruttare a livello elettorale, per continuare a vestire i panni di una inesistente superiorità morale giocando su una Resistenza storica con la quale ormai, inebriati da un governismo fine a se stesso, non hanno nulla a che fare.
Ma se l'unità è ancora una chimera, una fetta di colpa va cercata parimenti nella incapacità della Destra di fare, una volta per tutte, i conti con la propria storia. La sindrome di Fonzie che impedisce a autorevoli esponenti del Governo e ai politici che oggi occupano le Istituzioni, a partire dalla seconda carica dello Stato, di pronunciare la parola 'antifascismo' fa male a tutto il Paese, oltre che (ma questo è marginale) alla Destra stessa.
Il simulacro che resta oggi della Sinistra ha indubbiamente tradito i valori di giustizia sociale ai quali ancora strumentalmente si ispira e tira senza pudore per la giacchetta gli ultimi Partigiani rimasti, ma finchè la Destra non riuscirà ad archiviare definitivamente ogni vaga nostalgia del Ventennio, nelle forme, nei gesti, nel pensiero stesso, non potrà pretendere una vera pacificazione. Il primo 25 aprile festeggiato in Italia con un Governo guidato dalla leader di un partito nato sulle ceneri del Movimento Sociale poteva essere l'occasione per dimostrare senza tentennamenti questa svolta. Occasione mancata, al di là delle (ovvie) rassicurazioni della premier, le parole del presidente del Senato sono l'esempio più lampante dell'insuccesso. Evidentemente Fratelli d'Italia pensa che il proprio elettorato non sia ancora pronto, dopo quasi 80 anni, a fare i conti con i propri fantasmi. Oppure, e questo sarebbe ancor più grave, qualcuno con quel braccio teso e la voglia di mettere sullo stesso piano invasori e liberatori, auspica davvero una resurrezione di quei fantasmi.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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