E' uno dei simboli del made in Modena. Vi è innanzitutto custodita la gloriosa storia mercatale della città: tanti banchi sono infatti tramandati di padre in figlio da decenni. Prorio in virtù dei passaggi di testimone tra famigliari, ne è rimasta viva e solida l'identità. Con il risultato di continuare ad essere considerato un punto di riferimento di altissima qualità della tradizione agroalimentare modenese. Parliamo del Mercato Albinelli. Che potrebbe e dovrebbe essere, anche grazie alla sua architettura tanto elegante quanto leggera, uno dei poli cittadini di attrazione del turismo internazionale che ruota attorno al cibo.
A fianco di realtà turisticamente più note come la Boqueria a Barcellona, il Mercado di San Miguel a Madrid, il Saluhall a Stoccolma o il Borough Market di Londra.
Solo per citare alcuni mercati, che, supportati da contesti istituzionali lungimiranti, sono stati in grado di innovare il proprio concept pur mantenendo i piedi ben saldi nella propria storia e da anni attirano milioni di turisti veri. Che sono cosa ben diversa dai visitatori di passaggio, su cui spesso i Comuni e la stessa amministrazione comunale fanno un po' di confusione. Visitatori di passaggio, come quelli che abbiamo incrociato l'altra sera in centro: una famiglia inglese – due adulti e due ragazzi -, che alloggiava a Bologna e che, dopo un prelievo bancomat, curiosava attorno all'ingresso del Mercato Albinelli di via Mondatora. I quattro erano alla ricerca di un buon posto dove andare a cena. E vogliamo immaginarci che siano stati tentati dal varcare la soglia del mercato, nonostante lo spettacolo 'esteticamente discutibile' palesatosi davanti ai loro occhi: camioncini parcheggiati di fronte all'ingresso e bidoni dell'immondizia traboccanti di sacchetti di scarti alimentari del mercato.
Non so cosa abbiano scelto tra le alternative – Albinelli incluso – che abbiamo loro proposto. Sta di fatto che l'incontro è stato per noi illuminante. Sufficiente per capire, una volta di più, che dietro la 'rivoluzione' muzzarelliana sulla storica struttura di via Albinelli, più volte annunciata in questi anni di grande movimentazione comunicativa, non c'è alcuna strategia di promozione turistica. E con essa la declinazione comunicativa dell'immagine del Mercato è quella che appare ad un medio osservatore: insufficiente. Soprattutto, se la guardiamo con gli occhi di un potenziale turista straniero, abituato a stimolazioni emozionali ben maggiori di quelle che trasmette, innanzitutto, il sito web del Mercato Albinelli. Che risulta imbarazzante da quanto è poor: ciò che dovrebbe essere posto al centro di una strategia di comunicazione, capace di regalare, appunto, emozioni, oltre che l'idea di poter fare una experience indimenticabile, è drammaticamente assente. Perché i prodotti, i banconi con tutti i loro colori, i volti e le storie dei commercianti, non ci sono. Semplicemente comica, poi, ancorché grave, la presenza, nella versione english del portale, di pagine che richiamano da mesi l'avviso “At the moment this page is available only in Italian”. Non commentabile il fatto che da oltre tre settimane non ci sia stato un aggiornamento nella pagina dedicata a news ed eventi: quella che dovrebbe essere la sezione con cui trasferire l'idea di un mercato dinamico, vitale, in fermento - come lo è in parte -, è tristemente statica.
L'inesistenza di vision è evidente anche sui Social, che dovrebbero invece assurgere a perno attorno a cui far ruotare la veicolazione del Mercato Albinelli nei circuiti del web dedicati al turismo enogastronomico. Sorvoliamo sul fatto che Facebook replica ciò che viene postato su Twitter, dove in quasi cinque anni di presenza sono stati raccolti appena 295 followers. Facciamo finta di non notare come non ci sia nessuno sforzo a postare messaggi in lingua inglese o a favorire un engagement con attori esterni alla ristretta cerchia modenese. Glissiamo, per carità di patria, su post che sono uno spot a Muzzarelli più che al Mercato.
In tutto ciò, quello che stupisce è però il fatto che dai Social non emerga la narrazione, uno storytelling in grado di far venire fuori l'unicità, il fascino, il 'sapore' inimitabile del made in Modena racchiuso in quasi 90 anni di storia mercatale. E non è certo un caso che Fine Dining Lovers, seguito magazine internazionale con quasi 400 mila followers solo su Facebook, non citi il Mercato Albinelli tra la quindicina di mercati gastronomici da visitare.
È indiscutibile: la comunicazione è figlia, come detto, di un deficit strategico sulla promozione e vendita del brand Modena sul food nei mercati del turismo, imputabile innanzitutto al sindaco ed a chi ha la delega al turismo. Resta però il rammarico di vedere sprecata una opportunità comunicativa e promozionale anche a causa del fatto che, come per tante altre poltrone o poltroncine del sottobosco della politica locale, Muzzarelli abbia pensato bene di affidare la responsabilità sulla comunicazione del Mercato Albinelli in base a meriti acquisiti sul campo in fatto di 'fedeltà alla linea'.