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C'era una volta il Movimento 5 Stelle. Quello di Grillo e Casaleggio. Il Movimento del Pdl e del Pdl meno elle. C'era una volta il Movimento in Emilia Romagna che attaccava il sistema di potere Pd. Che faceva le pulci sulle spese e sulle consulenze, che metteva il dito nella piaga delle nomine, che chiedeva una svolta ambientale profonda, forse utopica, ma profetica e in grado di indicare una meta, un obiettivo vero. Dal no all'inceneritore al no alla cementificazione: con cartelli, slogan e provocazioni di piazza. Quel Movimento si muoveva sulle gambe di persone in carne ed ossa, coi loro limiti certo, col loro bagaglio di ideali e di illusioni, un po' giacobini e un po' maleducati, ma in buona fede. Naif e ribelli. Stropicciati e affascinanti. Da innamorarsi in modo incosciente e puro.
Sì perchè di quella esperienza si innamorarono milioni di italiani, decine di migliaia di modenesi che, infatti, regalarono il ballottaggio - prima volta nella storia - proprio a un grillino.
I tempi sono cambiati, in fretta. Sotto un cielo grigio, fatto di giornate una uguale all'altra, ogni giorno un po' più vecchi e un po' più stanchi, si è assistito al Governo giallo-verde, poi a quello giallo-rosso, alla promozione dell'avvocato del popolo e all'abbandono di Grillo. Sul territorio i leader locali o sono migrati verso anonimi gruppi indipendenti o sono confluiti nel Pd, a partire dallo storico leader Massimo Bugani. Ovviamente per senso di responsabilità e per sacrificio. Figurarsi. Incapace di sognare, all'apparir del vero il Movimento 5 Stelle ha sostituito la strategia alla profezia, la terra al sogno, la lotta nel fango al battito d'ali.
E così si è arrivati all'ultima tappa di questa triste parabola, l'ultima metamorfosi di un Kafka rimasto senza parole. I vecchi militanti, quelli che 10 anni fa contribuirono a dare volti e mani al sogno di una rivoluzione dolce vengono ora messi di fronte al più drammatico dei bivi. O ci si allea col Pd alle amministrative o si è fuori dal Movimento. Fuori dalla casa che per decenni si è sentita propria, per la quale si sono fatti banchetti, si sono incassate querele e si è messa in discussione la propria stessa famiglia, se stessi.
O si mangia nel piatto Pd o si salta la finestra, così ha sentenziato il leader regionale Gabriele Lanzi, quello che un tempo 'annusava meloni', il parlamentare ribelle chiamato ad aprire Camera e Senato come scatolette di merluzzo, lo stornellatore di piazza.
E così i vecchi militanti con l'ultimo atto d'orgoglio, se ne sono andati a testa alta: da Soliera a Carpi, passando per Mirandola. Dalla Medici alla Magnoni, dalla Cappelli a Rossi, hanno salutato sbattendo la porta. Altri si sono piegati alla realtà e hanno rinunciato, o nel caso di Modena lo stanno facendo cedendo definitivamente alle lusinghe di Mezzetti, anche all'ultimo Vaffa.
Due miserie, silenziose come monadi, in un corpo solo.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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