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Se è vero che l'offerta culturale è il vero biglietto da visita di una città, allora a Modena su questo biglietto potrebbe essere tranquillamente raffigurata una gru e una betoniera.
Dal punto di vista culturale la Modena che non cambia, da nessun punto di vista, è completamente immobile. L'amministrazione eternamente di centrosinistra (col centrodestra volutamente comprimario) veleggia sugli allori di un Modena Park pensato e voluto solo da Vasco e sulla rendita della fortunata idea del Festival Filosofia. Il resto è il nulla. Il deserto assoluto. Nessuna grande mostra, nessun concerto di livello, nessuna valorizzazione del patrimonio Estense e Romano, nessun evento coi big internazionali del panorama artistico. Per coprire l'imbarazzante paralisi si parla di 'cultura diffusa', di tanti piccoli eventi, si promuovono esposizioni fotografiche di semisconosciuti alla palazzina Vigarani.
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ma in realtà è evidente a tutti come questa narrazione sia solo un modo per nascondere il vuoto, per cercare di far credere ai modenesi che l'uva non è inarrivabile, ma è acerba, pure un po' velenosa. Il paragone con Ferrara che ospita Bruce Springsteen e fa brillare palazzo Diamanti, è umiliante.
A Modena ci si accontenta di un turismo che respira grazie all'eccellenze motoristiche e culinarie, ma che con la cultura non ha nulla a che vedere, a meno che non si voglia sovrapporre una mostra di Picasso alle grandi abbuffate in centro o alla pista di ghiaccio natalizia.
Ecco, ma torniamo al biglietto da visita con gru e betoniera. Perchè la vera responsabilità di questo nulla che avanza inesorabile è da ricercare non nell'azione dell'attuale e incolpevole assessore senza portafoglio Bortolamasi, ma in una strategia economica precisa, partita da lontano, dai tempi in cui in piazza Grande sedeva Pighi e ai vertici della Fondazione Cassa Risparmio sedeva Landi.
E' evidente infatti che l'offerta culturale è legata a doppio filo agli investimenti che si decidono di mettere in campo e a Modena qual è il vero ente in grado di investire in cultura? Non certo il Comune costretto a chiudere Bilanci lacrime e sangue, ma la Fondazione Cassa di Risparmio, oggi Fondazione di Modena. Ebbene, la Fondazione ha deciso scientemente di vincolare tutto quello che poteva investire in termini culturali a un cantiere: la riqualificazione del Sant'Agostino-Estense. Una riqualificazione peraltro fine a se stessa perchè di quel contenitore, al di là della retorica su 'Ago' ancora non si è capito bene cosa si vorrà fare.
Intanto però calce e mattoni non si discutono. Quasi 70 milioni di euro di calce e mattoni.
'La prima parte dei lavori, attualmente in corso per una cifra di poco inferiore ai 30 milioni di euro, comprende interventi sulla parte demaniale e monumentale, oltre alla centrale tecnologica interrata, per un totale di circa 10 mila metri quadrati corrispondenti a poco meno della metà dell’intero complesso. Il termine dei lavori è fissato all’estate 2025 per la parte di proprietà demaniale. In particolare, gli interventi consistono nel consolidamento strutturale, rifacimento delle coperture, restauro e rifunzionalizzione degli spazi con inserimento di installazioni reversibili - si legge sul sito della Fondazione stessa -. Il secondo appalto, appena assegnato per una cifra che sfiora i 40 milioni di euro, prevede interventi sulla parte monumentale del complesso e su tutti gli edifici della zona a nord definita area non monumentale. Il fine lavori è previsto entro il 30 giugno 2029'.
Nel dettaglio la prima parte dei lavori è stata affidata all’Ati costituita da D’Adiutorio Costruzioni spa, Candini Arte srl, Gianni Benvenuto spa e Kairos Restauri snc, per un importo iniziale di 25,2 milioni, aggiornato a seguito di perizie di variante a 29,2 milioni. Il secondo appalto da 39 milioni e 466mila euro è stato invece assegnato tutto alla ditta abruzzese D’Adiutorio Costruzioni spa.
Ecco, 70 milioni appunto.
E per il resto, per le mostre, per i grandi eventi, per la cultura lontana da calcestruzzo e ruspe non ci sono nemmeno le briciole. Beh quelle sì, quelle del gnocco fritto unto che straborda dalle tavole imbandite davanti a Palazzo Ducale.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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