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Da una parte il centrosinistra di Massimo Mezzetti che ha scelto la 'gentilezza' come slogan, dall'altra il centrodestra del candidato sindaco Luca Negrini, perennemente impeccabile nello stile, pronto con la sua cravatta di Marinella a partecipare ad ogni singolo incontro, anche negli ambienti più di sinistra, ma che sinora ha accuratamente evitato ogni attacco diretto agli avversari. In mezzo gli altri candidati 'civici', o appoggiati da partiti 'minori', a fare da cornice.
E' una campagna elettorale all'insegna del fair play quella che a Modena sta entrando nelle battute finali.
Ripetute strette di mano tra i due principali avversari, visite reciproche alle inagurazioni delle rispettive campagne elettorali e nessun tono fuori dalle righe nei dibattiti pubblici svolti sinora.
Massimo Mezzetti, a differenza di Bonaccini e della Schlein, non ha usato l'arma logora e strumentale dell'antifascismo, non si è esibito in nessuna invettiva da vena gonfia al collo contro 'la destra reazionaria e pericolosa' e non ha lanciato alcun richiamo della foresta ai 'compagni', in nome di una appartenenza scritta nel cuore che, si sa, batte sempre molto vicino al portafoglio. Mezzetti, consapevole dei suoi mezzi, ha capito di non aver bisogno di rispolverare l'armamentario delle ideologie e punta tutto su un cambio di passo nei modi rispetto alla muscolarità e alla protervia del suo predecessore Giancarlo Muzzarelli, il quale, dal canto suo, ovviamente non gradisce. Quindi per l'ex assessore regionale avanti con sorrisi, dialogo, invito a una politica 'alta' e nessun timore a sfoggiare un approccio culturale che lambisce il radical chic senza averne però la supponenza.
Pochi comunicati stampa, affidati a una chat Whatsapp molto 'istituzionale', e profili social basati su proposte tematiche che sfruttano più l'orizzontalità della superfice che un approfondimento verticale.
Luca Negrini parallelamente ha impostato la propria campagna elettorale sulla partecipazione e sugli incontri sul territorio. Smarcatosi dalla fiamma che ancora campeggia sul simbolo di Fdi, si è costruito un profilo più da imprenditore (qual è) che da politico, lontano dalla stretta appartenenza alla destra. Anche per questo, forse, ha deciso di evitare attacchi diretti agli avversari. Finora non ha mancato un incontro o un dibattito, ha mostrato un entusiasmo e una intraprendenza ben superiore a quella dei vertici del partito provinciale che lo ha indicato (oggi più interessato a sostenere la campagna alle Europee di Stefano Cavedagna che al lavoro del candidato sindaco) e ha colmato con dedizione le lacune legate all'assenza di una rete che, colpevolmente, il centrodestra non è riuscito a costruirgli attorno. Nelle tavole rotonde ha sviluppato i temi del proprio programma elettorale, ha dimostrato di essersi preparato sui singoli argomenti e ha usato una sorta di cavalleresca galanteria, nella forma e nei contenuti. Con Mezzetti, ma anche con gli altri candidati, si sono rincorsi apprezzamenti e pacche sulle spalla e gli interventi sono stati accompagnati da vicendevoli cenni di approvazione col capo. Anche nei comunicati stampa e nella gestione dei social lo stile è stato sinora sobrio e mai aggressivo. Negrini si è certamente attestato come imprenditore affidabile e candidato credibile, non è più il 'ragazzo di bottega' lanciato da Michele Barcaiuolo come 'agnello sacrificale' che non adombrasse nessuno, pescato come piano B dopo il fallimento (ovvio) della pista civica legata a Paolo Cavicchioli. E questo lo ha riconosciuto - a malincuore - anche il centrosinistra.
Tutto bene, tutto bello. Ma la domanda ora è una sola: chi ha da guadagnare maggiormente da questa campagna elettorale 'soft'? La risposta è evidente: la squadra che governa il territorio ininterrottamente da 80 anni, che ha costruito un Moloch inscalfibile fatto di una triangolazione di ferro tra partito, istituzioni e una fetta di mondo economico e associativo e che, forte del suo vantaggio potenziale, non ha alcun interesse ad alzare l'asticella del confronto.
Per questo, nelle ultime tre settimane che separano dal voto, Negrini è chiamato a un cambio di passo. Certo, il lavoro oscuro e silenzioso di tessitura, reso ancor più gravoso dalla assenza di una struttura organizzata a fronte della corrazzata Pd, assorbe energie mentali e fisiche, ma serve ugualmente una svolta per non vanificare l'impegno sottotraccia.
Il tema non è quello di attaccare a testa bassa o abbandonare il fair play che ha caratterizzato queste settimane di campagna elettorale, ma sgombrare il campo da quella che potrebbe essere malinterpretata come 'reverenza' nei confronti del potere e uscire dalla sonnolenza che - comprensibilmente - il centrosinistra di governo e di sistema ha imposto al confronto in vista del voto. Il ballottaggio, lo abbiamo detto più volte, date le condizioni in cui Negrini è stato costretto a lavorare, è un obiettivo difficilissimo, ma tutto sommato non impossibile. Del resto provarci, anche in vista del voto anticipato alle Regionali, al quale da tempo sta lavorando con cura Galeazzo Bignami e che la fuga in Europa di Stefano Bonaccini imporrà, è un dovere per il centrodestra. E' questo, pur nel suo atteggiamento composto e pacificamente romano, lo sa (e lo teme) anche Mezzetti.
Giuseppe Leonelli