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Il teatrino per la scelta del candidato sindaco di Modena si protrae da mesi. Un gioco delle parti a favor di giornali e commentatori nel quale ogni attore svolge diligentemente il proprio ruolo. Come da copione. C'è il giovane e ambizioso segretario cittadino, Federica Venturelli, che organizza consultazioni belle e democraticissime nei Circoli e fa trapelare più nomi che stelle nel cielo.
C'è l'ex assessore provinciale, Francesco Ori, che si esibisce in una fuga in avanti con mesi di anticipo, sostenuto dalla corrente cattolica del 'grande e silenzioso stratega' Emilio Sabattini.
C'è il segretario provinciale, Roberto Solomita, che (intelligentemente) osserva in silenzio, consapevole della assoluta irrilevanza del partito in quanto tale.
C'è il cattolico malettiano, Diego Lenzini, che appare bel bello e brizzolato come una meteora nell'elenco dei papabili.
C'è il profilo 'big', o presunto tale, che risponde al nome di Massimo Mezzetti o Davide Baruffi, o qualsiasi altro nome purchè abbia calcato il palcoscenico romano, foss'anche per un convegno di formazione.
C'è il candidato donna, in osservanza alle quote rosa, che si staglia perennemente all'orizzonte. Poco importa se la donna in questione sia Francesca Maletti o Simona Arletti. Quel che conta è il profilo femminile in quanto tale.
C'è anche un civico con simpatie a destra, come Paolo Cavicchioli, da usare come via per 'sparigliare le carte' come si suol dire nei caminetti Dem, sorseggiando prosecco e castagne.
Insomma, gli attori ci sono tutti. Ma in realtà i giochi sono decisi da mesi. La vera, unica partita, si gioca - come da anni a questa parte - sull'asse che separa piazza Grande da viale Aldo Moro. Da una parte Giancarlo Muzzarelli da Fanano, dall'altra Stefano Bonaccini da Campogalliano. E' tutta qui la competizione, ultimo capitolo dell'eterna sfida che divide i due amici-non amici. Muzzarelli che 10 anni fa sognava di fare il presidente della Regione e Bonaccini che gli soffiò il posto, costringendolo a 'ripiegare' su Modena. Da allora il rapporto è sempre stato di amore-odio. Costretti a sorridersi e allearsi (come nel caso del congresso nazionale dove l'ha spuntata la Schlein) per reciproci interessi di carriera, ma perennemente l'uno contro l'altro politicamente armati.
Il 68enne Muzzarelli che appoggia il suo capo di gabinetto il 41enne figlio d'arte Giulio Guerzoni e il 56enne Bonaccini che appoggia il 40enne Andrea Bortolamasi, storico membro della sua segreteria particolare in Regione. I giochi iniziano e si chiudono qui, se avrà la meglio il fananese, Modena si troverà Guerzoni come sindaco, se vincerà la sifida l'uomo di Campogalliano, toccherà a Bortolamasi. Con tutti gli altri attori a fare da consapevoli comprimari, centrodestra compreso che nemmeno prova a infastidire il centrosinistra, quasi che il dominio Pd sia una regola incisa nelle tavole delle legge, tra il 'non nominare il nome di Dio invano' e il 'ricordati di santificare le feste'.
A onor del vero vi è una (e una sola) scheggia impazzita in questo quadretto ben architettato. L'assessore Andrea Bosi, non a caso emarginato dai nomi usciti dalle famose consultazioni nei circoli, pare non rispondere alle logiche precostituite e, in assenza, di primarie vere e di un dibattito aperto al di là dei recinti arruginiti del dualismo Giancarlo-Stefano, è pronto a correre da solo. Come il bimbo di Andersen potrebbe indicare a Modena che il re è nudo. O meglio che non c'è nessun re. Sta a lui volerlo fare.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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