Si approssimano le elezioni del 2019 e per tante amministrazioni locali potrebbe essere l'anno della svolta. Attesa da oltre settant'anni. La partita clou si gioca senza alcun ombra di dubbio a Modena. Qui i giochi sono aperti. Anche se molto meno di quanto alcuni dirigenti dell'attuale opposizione ritengano.
Se guardiamo al Partito Democratico ed all'universo che gli ruota da anni supinamente attorno, la situazione è da allarme rosso. Da un lato un sindaco, Giancarlo Muzzarelli, che, a 50 mesi dalla sua elezione, continua a lanciare e rilanciare roboanti progetti della “marcia in più” senza averne realizzato ancora uno. Al punto che la sua credibilità, se venisse misurata da sondaggi scientificamente seri, potrebbe essere ai minimi. La città, se si è ripresa dopo otto anni di crisi, deve ringraziare unicamente il tessuto economico-produttivo, capace come è stato e meglio di quanto è accaduto in altri territori del Nord produttivo, di agganciare i trend di crescita dell'economia internazionale.
La tanto evocata “marcia in più” del Muzzarelli-pensiero è diventata poi un vero boomerang comunicativo, che si è prestata, nelle chiacchiere da bar, ad essere il condimento principale di sarcasmo («ha innescato la marcia indietro, altro che quella in più», la battuta più consumata) e di irrisione politica. La città ha ancora aperti tutti i nodi che si è ritrovata sul tavolo questa scalcagnata giunta: la sicurezza non è stata posta sotto controllo, la mobilità dentro Modena ma soprattutto nell'interscambio con i principali comuni della Provincia è un disastro, la produzione di rifiuti e l'incenerimento di essi sono aumentari, il verde pubblico è abbandonato a se stesso, le manutenzioni di strade, piste ciclabili e arredo urbano sono chiuse da anni nei cassetti degli uffici tecnici, il degrado di areee ex industriali/artigianali è avanzato, la pulizia degli spazi pubblici è insufficiente, i tempi di risposta a cittadini e ad imprese non sono stati tagliati, la trasparenza è rimasta una chimera, l'inquinamento non è stato affrontato.
Dall'altro lato, quello del Pd, bisognerebbe solo stendere un velo pietoso. Due passi falsi commessi da altrettanti dirigenti del Pd, con annesse figuracce, sono la più efficace cartina di tornasole della deriva senza speranza a cui si è condannato il Partito Democratico di Modena. Innanzitutto il caso dell'emendamento al decreto “milleproroghe” con cui sono stati congelati i miliardi a pioggia del “bando periferie”. Con il risultato di aver messo in discussione, seppur parzialmente, la realizzazione del recupero e della riqualificazione della Fascia nord, attesi da venti anni.
Come è noto, il segretario cittadino (per caso) del Pd Andrea Bortolamasi non c'ha pensato un attimo per gridare allo scandalo, attaccando a testa bassa il Governo ed accusando la maggioranza parlamentare di aver commesso un delitto politico. Salvo poi scoprire, a poche ore dalla sue esternazioni, smentito dal suo stesso sindaco, che quell'emendamento è stato votato all'unanimità. E quindi dagli stessi esponenti del partito di Bortolamasi.
Poi, come non citare Gianluca Fanti, il dirigente democratico del cerchio magico boschin-poggian-razzolian-malettiano, che ha dato dei dementi agli elettori delle Lega? Al di là della pochezza politica dell'affondo, qualcuno, al buon Fanti, deve aver fatto notare, lo speriamo, quanto tafazzianismo abbia rivelato, visto che non pochi elettori della Lega sono ex elettori del Pd. Passati armi e bagagli, senza troppi rimpianti a Destra.
Se a Sinistra questo è il quadro, a Destra non possono certo fare salti alti di gioia. Il processo di balcanizzazione è tutt'ora in atto, senza che l'attore potenzialmente più forte, la Lega, sia in grado di porvi rimedio. L'area di Forza Italia è semplicemente alla frutta: non si capisce chi comandi ed ogni pollo o gallina che si alza al mattino, pare libero di muoversi come meglio crede. C'è chi, come Valentina Mazzacurati, si prepara al varo di un pensatoio locale della corrente di Giovanni Toti, nella speranza che possa fungere da trampolino di lancio per una improbabile candidatura a aindaco.
Poi abbiamo il consigliere regionale Andrea Galli con l'incofessabile desiderio di marginalizzare Enrico Aimi e assurgere a leader provinciale di Forza Italia. Il consigliere comunale di Energie per l'Italia, Giuseppe Pellacani, già candidato a sindaco, invece scalpita per tornare sulla scena e pare stia lavorando ad una propria lista civica insieme al nuovo acquisto di Parisi, Alberto Bosi (fratello dell'assessore di LeU, ancora per poco, Andrea Bosi). In movimento si è messo pure l'”eterno secondo” Michele Barcaiuolo, che, dopo aver lasciato spazio alle politiche alla candidatura della ex Pd Ilenya Lucaselli, starebbe scaldando i motori, dall'”alto” di una percentuale inferiore al 3% di Fratelli d'Italia, addirittura per proporre la propria candidatura a primo cittadino a Modena.
Il tutto nel silenzio del leader del Mir (a proposito che fine hanno fatto i Rivoluzionari moderati?) Gianpiero Samorì.
In tutto ciò la Lega di Modena, benché in ascesa nei sondaggi a livello nazionale, sta a guardare, lanciando minacciosi quanto incomprensibili messaggi di determinazione a correre da sola. Incapace come è, anche a causa di un commissariamento che non legittima pienamente gli attuali coordinatori locale (Luca Bagnoli) e provinciale (Stefano Bargi) agli occhi degli elettori e soprattutto dei compagni di strada nel centrodestra, di svolgere un auspicabile ruolo di governo della coalizione.
Insomma, se a Sinistra sono alla frutta, a Destra regna il caos. Ed in un contesto simile, laddove davvero Muzzarelli dovesse decidere di cedere il passo, anche un candidato opaco come Giuseppe Boschini o totalmente legata a Matteo Richetti come Ludovica Ferrari, al secondo turno, potrebbe spuntarla.
Eli Gold
Nella foto Giuseppe Boschini, Ludovica Ferrari e dietro di loro Gianluca Fanti