Da anni Lapressa.it offre una informazione libera e indipendente ai suoi lettori senza nessun tipo di contributo pubblico. La pubblicità dei privati copre parte dei costi, ma non è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge, e ci segue, di darci, se crede, un contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di
modenesi ed emiliano-romagnoli che ci leggono quotidianamente, è fondamentale.
Ieri a Modena, dal palco della Festa dell’Unità a Marzaglia, ha confermato la sua volontà di candidarsi per il Consiglio regionale alle elezioni anticipate (provocate dalla fuga di Bonaccini a Bruxelles) di novembre. Giancarlo Muzzarelli rappresenta da decenni un centro di potere inscalfibile nella provincia modenese: sindaco di Fanano dal 1980 al 1990, assessore provinciale dal 1990 al 1999, dal 2000 al 2009 consigliere regionale, assessore regionale fino al 2014 e infine sindaco di Modena per 10 anni. Eppure a 69 anni suonati, Muzzarelli è tutt'altro che intenzionato a dire basta. Ora l'obiettivo è tornare in Regione, come consigliere e - magari - anche come assessore, sfruttando il buon rapporto con il candidato di centrosinistra (strafavorito per la vittoria) De Pascale.
Ora, guardando alla politica come servizio, dopo 44 anni di carriera nelle istituzioni con ruoli di vertice, cosa si può dare ancora al territorio? Cosa si può ancora regalare alla collettività che in quattro decenni non sia già stato offerto? Qual è il senso del proprio 'mettersi a disposizione', per usare una frase tanto abusata quanto retorica? Sia chiaro, non è questione di età anagrafica, a 70 anni non si è vecchi, il punto è un altro. Non le competenze, i meriti, le capacità... Il punto a ben vedere e di natura umana, esistenziale.
Il potere con le sue lusinghe, con la sua capacità di inebriare, con le crisi di astinenza che provoca, si trasforma spesso in prigione. Sull'altare del potere, del ruolo, della nuova avventura che consenta di essere ancora riveriti e guardati con ammirazione, si rischia di sacrificare se stessi.
Di perdere il contatto con l'essenza, con un senso che consenta quantomeno di scavare nelle pieghe contorte della vita. Fare i conti davvero con i drammi e le gioie, con il pianto e l'abbraccio, le derive e i sogni. E allora, indipendentemente dal successo o meno di questa nuova avventura politica dell'ex sindaco di Modena, al di là del giudizio sul suo operato 40ennale (che come quello di tutti ha luci e ombre, voli e abissi, meschinità e coraggio), astraendo dal suo caso specifico, anche dalle tragedie che ha dovuto sopportare, viene da chiedersi se in fondo il potere stesso non sia una prigione.
Una cella che impone di rinnovare se stessi sempre nello stesso modo, che impone di rinunciare a ogni tipo di sguardo altro, che chiude l'orizzonte delle proprie possibilità alla miope ricerca che soddisfi questo bisogno. Di potere appunto. Un meccanismo che, peraltro, il Sistema che governa il territorio conosce bene e che sfrutta per creare 'soldati' fedeli perchè bisognosi di gratificare il proprio totem: sempre lui, il potere. Vale per Muzzarelli, ma in fondo vale per tutti gli ottuagenari politici, di destra, sinistra, centro, basta che ci sia un posto, che ancora affollano le stanze del comando.
Perchè forse, come Mazzarò che non voleva abbandonare la sua Roba, come nei tormenti di Re Lear, così si finisce per confondere la prigione con la libertà e la libertà con la prigione. E nemmeno si osa pensare che oltre il consenso, la macchina elettorale, le preferenze, i successi e gli stipendi dorati, esiste una vita. Anni fa una giovane giornalista in una redazione della Romagna lasciò un biglietto sulla propria scrivania e rinunciò, senza mai più presentarsi, a un posto di lavoro sicuro. Sul foglietto c'era scritto solamente 'preferisco vivere'.
Chissà che prima o poi anche alla dittatura che la ricerca del potere impone, anche i più assuefatti non riescano a rispondere con una frase simile. Preferisco vivere. Chissà se per una volta qualcuno non riesca a stupire e stupirsi. Non riesca a mostrare il coraggio più grande, un coraggio puro perchè collegato a una scelta che non fa soffrire nessuno, se non (apparentemente) se stessi. Stupire e stupirsi, non per la 'gente' chiamata a fare i conti con le proprie contraddizioni e ambiguità non meno complicate e ipocrite e alla quale in fondo che venga eletto un consigliere, un parlamentare, un ministro o l'altro non cambia nulla. Ma per concedere, finalmente, una vera opportunità a se stessi.
Giuseppe Leonelli