Da anni Lapressa.it offre una informazione libera e indipendente ai suoi lettori senza nessun tipo di contributo pubblico. La pubblicità dei privati copre parte dei costi, ma non è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge, e ci segue, di darci, se crede, un contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di
modenesi ed emiliano-romagnoli che ci leggono quotidianamente, è fondamentale.
“Il mio film si sta spegnendo nell’oblio di una piccola squallida città di provincia che ama solo scoop di pseudo malasanità”. Parole per certi aspetti sconcertanti, pronunciate dalla prof. Maria Grazia Modena, restituita alla sua professione dopo anni di battaglie giudiziarie, vinte tutte, e di processi di piazza alimentati dal malsano intreccio tra giustizia e politica e pseudo informazione.
La restituzione alla propria professione, ottenuta solo dopo scontri titanici e che avrebbe dovuto invece essere un sacrosanto diritto, non è valsa, a quanto si deduce dallo sfogo della Modena, a mettere in condizione la docente di esercitarla pienamente quella professione.
Il motivo di quanto sta accadendo alla Modena appare chiarissimo a chi conosce bene le regole del “sistema” e magari le ha pure vissute sulla propria pelle: chi sgarra, chi esce dai binari, chi dimostra eccessiva autonomia critica, chi mette in discussione il “sistema”, è out.
Bollato per sempre alla stregua di un traditore. O, nella migliore delle ipotesi, di una persona inaffidabile a rivestire qualsivoglia responsabilità in nome e per conto del “sistema”.
Ma il “sistema” è prossimo al collasso. Basta leggere nelle pieghe della società modenese per capire che le incrinature emerse negli anni scorsi nel rapporto tra cittadinanza e detentori pro-tempore del potere politico sono diventate fratture insanabili. Basta annusare l’aria che tira da anni, per avere chiaro come le cinghie di trasmissione che tenevano ideologicamente e per reciproci interessi ancorati una serie di mondi economici-culturali-sociali alla politica che governa da oltre settantanni, siano all’ultimo stadio ed in non pochi casi saltate definitivamente. Basta avere un po’ di curiosità verso la politica cittadina per avere contezza dello scadimento, non solo morale, ma soprattutto in termini di capacità a mettere in campo una visione, che ha subito la classe dirigente di questa terra.
Basta seguire l’inondazione quotidiana che l’amministrazione compie delle redazioni giornalistiche, per avere la certezza di quanto il berlusconismo - inteso come vocazione a vendere fumo e fare propaganda - abbia fatto ormai breccia nella gestione della cosa pubblica. Basta poi girare in città, per prendere dolorosamente atto del fatto che Modena, un tempo città emblema della buona amministrazione, è avvitata su se stessa, incapace di gestire il presente e soprattutto di pensare al futuro, ai propri figli.
Di fronte a questo quadro le scelte sono due: continuare a “godersi” lo spettacolo, comodamente dal divano di casa propria, oppure fare un gesto d’amore verso la città e mettersi in cammino perché Modena possa davvero ridiventare quel gioiellino urbano degli anni Novanta apprezzato in lungo ed in largo per la Penisola.
Mettersi in cammino non significa certo affrontare la tornata elettorale del prossimo anno turandosi il naso. E’ evidente come, a fronte di una crisi profonda del sistema di potere che ha retto per tanti decenni, ci sia una incapacità delle forze politiche opposte al Partito Democratico di mettere in campo un progetto-città, una visione di respiro capace di proiettare Modena oltre l’angusto recinto nel quale si è progressivamente chiusa.
Uno scenario di questo tipo rende indispensabile che le migliori energie, competenze, intelligenze di Modena si mettano in gioco. Per aprire una breccia nella cappa conformista, bigotta e talvolta squallida che non consente di alzare lo sguardo oltre le punte delle proprie scarpe. Per fare così finalmente entrare ossigeno e aria fresca in una città per troppo tempo sedata.
Eli Gold