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Leggo sul quotidiano “la Repubblica” un articolo che informa su quali sarebbero le contromisure italiane nel caso in cui la Russia dovesse sospendere completamente la fornitura di gas. A quanto pare, l’interesse verso le battaglie e le eroiche resistenze va scemando, anche perché la procedura di guerra si ripete uguale: i soldati ucraini nascondono carri armati e batterie missilistiche tra le case delle zone residenziali, usano edifici come caserme e, di fatto, trasformano la popolazione in scudi umani. I russi iniziano a bombardare le periferie per far fuggire i civili e lasciare che lo scontro sia solo tra soldati; la battaglia va avanti fino a quando è rimasto qualcosa in piedi, dopodiché, i soldati ucraini si spostano nella cittadina successiva, i civili della precedente e che si sono salvati, vagano disperati tra le macerie della loro casa e tutta la sequenza riprende altrove.
Il presidente Zelensky chiede droni per individuare il nemico e obici di massima precisione e di lunga gittata per colpire le batterie russe: l’Armata di Mosca, con carri armati e soldati a piedi, non si avventura più tra le case a fare da bersaglio. Dal punto di vista giornalistico, lo scontro ha perso fascino, non è più così coinvolgente da suscitare romantiche narrazioni e al dramma si aggiunge un altro dramma: quello della morte che deve fare spettacolo, notizia, altrimenti può anche essere taciuta o appena accennata.
Si passa quindi a temi più pratici, le conseguenze economiche della guerra e si viene a sapere che abbiamo previsto tre livelli di allarme. Per il momento siamo fermi al primo, ma con ogni probabilità saremo costretti a passare presto ai successivi con interventi che vanno dal “razionamento” del gas alle industrie che producono energia, al maggior utilizzo delle centrali a carbone.
In parallelo, dovremo seguire politiche di austerity dei consumi, come diminuire la temperatura per il riscaldamento delle abitazioni, degli uffici e risparmiare sull’illuminazione pubblica. Infatti, il piano di emergenza di Draghi prevede che le sei centrali ancora in attività (la cui chiusura era prevista per il 2025 e che si trovano in Sardegna, a Venezia, a Monfalcone, a Civitavecchia e Brindisi) aumentino la produzione di elettricità.
Siccome tutto necessità di energia per essere prodotto, il governo ha stanziato 30 miliardi per contenere gli effetti della crisi su famiglie e imprese, al fine di contenere il rincaro delle bollette e sostenere le imprese colpite da effetti collaterali come i maggiori costi per il trasporto. Tutto ciò non basterà e, anche quando riusciremo a sottoscrivere nuovi accordi con altri Stati per la fornitura di gas, i costi saranno come minimo raddoppiati ma, purtroppo, non saranno raddoppiate pensioni e stipendi.
Con una spavalderia ingiustificata, guardiamo al futuro con positività e ottimismo poiché noi siamo l’Occidente: siamo la parte migliore del mondo, la più ricca, quella democratica, alla quale nessun obiettivo è troppo arduo. Forse, ma a questo punto è giustificabile ascoltare una voce opposta e critica: quella di Andrea Zhock (nella foto), Professore Associato dell'Università di Milano di Filosofia morale e con numerose pubblicazioni tra le quali ricordiamo: Il concetto di valore: dall’etica all’economia (2001), Lo spirito del denaro e la liquidazione del mondo (2006), Emergentismo (2011), La realtà e i suoi sensi (2012), Rappresentazione e realtà (2014), Libertà e natura (2017). Ecco le sue parole
'Quando l'Ucraina sarà un deserto di rovine, smembrato tra Russia e Polonia, con milioni di profughi, mentre la recessione distruggerà quel che resta del welfare europeo e la nuova cortina di ferro sul mar Baltico ci costringerà a tempo indefinito a spendere le ultime risorse in armamenti, quel giorno e in tutti gli anni a venire, per piacere, ricordatevi di tutta la compagine di politici, opinionisti e giornalisti che nel febbraio scorso vi spiegavano come fosse un affronto inaccettabile per l'Ucraina sovrana rinunciare all'adesione alla Nato e accettare gli accordi di Minsk, che aveva sottoscritto.
Ricordatevi di quelli che hanno lavorato indefessamente giorno dopo giorno per rendere ogni trattativa impossibile, che hanno nutrito ad arte un'ondata russofobica, che vi hanno descritto con tinte lugubri la pazzia / malattia di Putin, che vi hanno spiegato come l'Europa ne sarebbe uscita più forte di prima, che vi hanno raccontato che la via della pace passava attraverso la consegna di tutte le armi disponibili, che hanno incensato un servo di scena costruito in studio come un prode condottiero del suo popolo.
Se 5 mesi fa non avessero avuto la meglio queste voci miserabili, se l'Ucraina non fosse stata incoraggiata in ogni modo a 'tenere il punto' con la Russia (che tanto garantivamo noi, l'Occidente democratico), l'Ucraina oggi sarebbe un paese cuscinetto, neutrale, tra Nato e Russia - con tutti i vantaggi dei paesi neutrali che sono contesi commercialmente da tutte le direzioni - un paese pacifico dove si starebbe raccogliendo il grano, e che non piangerebbe decine di migliaia di morti (né piangerebbero i loro morti le madri russe).
Ma, mosso dal consueto amore per un bene superiore, dai propri celebri principi non negoziabili e incorruttibili, il blocco politico-mediatico occidentale ha condotto la popolazione ucraina al macello e i popoli europei all'immiserimento e ad una subordinazione terminale.
Non si pretende che reagiate, figuriamoci, ma almeno, per piacere, non dimenticate'.
Massimo Carpegna