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La carriera politica di Matteo Richetti da Fiorano vive di alti e bassi. Da sempre. Almeno da quando ha deciso di legare a doppio filo il suo percorso politico a quello di Matteo Renzi. Renziano della prima ora, Richetti venne preso alla prima Leopolda da Renzi come l'esempio da imitare. Come il giovane, bello (bellissimo) e rampante presidente dell'assemblea legislativa emiliana che aveva tagliato i costi della politica. Un grillino in salsa cattolica, un grillino da parrocchia, da gruppi scout, da oratorio. Un grillino che predicava il taglio dei costi della macchina amministrativa, ma senza spaventare le nonne in cucina, con parolacce o urla.
Un amore quello con Renzi durato qualche anno e condiviso dai fan (e le fan) modenesi di Richetti, i quali (e le quali), da Fabio Braglia a Ludovica Ferrari, da Giulia Pigoni a Umberto Costantini, abbracciarono Renzi non in quanto Renzi, ma in quanto padrino del loro Richetti.
Poi le cose sono cambiate, improvvisamente. L'inchiesta spese pazze, qualche scivolone (non si sa bene di che tipo) a livello nazionale e il Matteo modenese diventa improvvisamente inviso al Matteo fiorentino. Stop alle apparizioni in tv, basta con i comizi alla Leopolda, superato alla presidenza della Regione dal convertito Stefano Bonaccini (che Richetti chiama simpaticamente Bonimba, ma che se potesse lo chiuderebbe in una stanza con Giuliano Ferrara, Bruno Vespa e Gianluigi Paragone), Richetti nel periodo di governo Renzi diventa un'ombra. Un fantasma, abbandonato anche da qualche suo storico sovvenzionatore modenese (uno dei quali egli accusò addirittura di voler fare il ras di quartiere).
In questa fase di 'disgrazia politica' (disgrazia si fa per dire perchè Richetti resta deputato a 10mila o circa euro al mese), il fioranese lancia segnali contrastanti. Ai suoi dice, giura e spergiura di volere abbandonare la politica per sempre.
Fa cene d'addio e abbraccia tutti. Intanto però, un po' come Gianni Morandi nella sua fase nera, scrive un libercolo (Harambee, poche pagine piene di buoni sentimenti), e ne utilizza la presentazione in tutta Italia (dalle feste della rana alla sagra della mortadella) come grimaldello per riapparire. Per tornare sulla scena (tanto è vero che il lungimirante Pd modenese targato grigiore-Bursi gli vieta di presentarlo ad Albareto. Come dire: il Pd è sempre avanti...)
Alto, basso e, improvvisamente, di nuovo alto. Alla vigilia del referendum (rivelatosi disastroso) del 4 dicembre, Renzi prova la mossa della disperazione e richiama i suoi fedelissimi della prima ora. Esiliati per motivi diversi: la Bonafè, Gori e, appunto, Richetti.
Il referendum va come tutti sanno, ma Richetti ormai è tornato comunque in sella.
A fianco di Renzi anche nel suo momento di dolore (per citare il leopoldino Ligabue), quando giura (proprio come fece egli stesso) di voler lasciare tutto (governo, partito, fors'anche l'Italia e la via lattea), Richetti viene scelto dall'ex premier come portavoce nazionale della sua mozione congressuale.
Ed è di nuovo amore: Richetti ora è al Tg1 delle 20 un giorno sì e uno no. E' lui il volto, la voce, i capelli (pochi ma non diciamoglielo) di Renzi. E quando Renzi trionfa, Richetti trionfa.
E adesso? Oggi Matteo Richetti è al fianco del segretario Pd e numero 2 (grillini permettendo) del futuro premier. E proprio i grillini, come ai bei tempi della presidenza dell'assemblea regionale, tornano ad essere il modello di Richetti. Il grillino da oratorio ora è il numero 2 del Pd. E torna a rilanciare i suoi temi. Primo fra tutti il taglio dei vitalizi. Proposta grillina nel merito e difesa da Richetti in modo altrettanto grillino: dopo l'attacco delle Iene, un bel video in perfetto stile Beppe Grillo. E non ci stupiremmo se scoprissimo che le maglie gialle dei Dem che puliscono Roma in chiave anti-Raggi siano una pensata di Richetti. Anche negli scout del resto funziona così. Gli stessi scout che pur di pulire qualcosa qualche anno fa lavarono via con acqua e sapone un raro disegno preistorico di 15mila anni fa trovato in una grotta francese...
Con una speranza di fondo che anima l'agire di Matteo da Fiorano: che per una volta gli elettori preferiscano all'originale (Grillo), l'imitazione-cattolica (Richetti).
Giuseppe Leonelli