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Così come non è mai stata fornita una spiegazione scientifica, supportata da dati oggettivi, su percentuali di contagi e rischi potenziali legati a certe attività, per motivarne la chiusura rispetto ad altre (negozi di abbigliamento, teatri, palestre, parrucchieri ancora chiusi), tale evidenza non è mai stata data nemmeno per le scuole. Nemmeno quando si disponeva la didattica a distanza al 50%, nemmeno quando si disponeva, a livello istituzionale, la chiusura. O lo stop un giorno rispetto ad un altro, una settimana prima o una settimana dopo. Così come quando si disponeva l'apertura con le misure di sicurezza indicate dagli organismi tecnici e di governo a livello nazionale. Misure che funzionavano, che contenevano il virus. Ma subito dopo indirettamente sconfessate dalla scelta di chiudere le scuole, anche in quel caso senza presupposti chiari sui contagi.
O almeno tali da motivare una chiusura totale e generalizzata di tutti gli istituti, a fronte magari di sole alcune classi o sezioni di scuole con focolai, veri o presunti tali.
Ricordiamo che anche in provincia di Modena, così come in tutte le province d'Italia, si sono chiuse scuole senza casi, senza positivi e senza considerare gli effetti ed i limiti della Dad, dello stare a casa sempre, ma soprattutto della contestuale apertura di aree e luoghi pubblici (e la possibilità sacrosanta di usufruirne anche solo per un gioco all'aperto), in maniera non certo controllata e sicura come a scuola. E continuando, appunto, a non fornire spiegazioni supportate da dati, evidenze. Ne sulle aperture, né sulle chiusure, tanto più se selettive, per non dire ingiustificatamente ed inspiegabilmente discriminanti per una attività rispetto ad un altra.
Nulla di scientifico e trasparente a supporto di scelte comunque che un presupposto forte lo richiedevano, visto la forza del loro impatto sociale, economico e di salute fisica e mentale. Senza presupposti oggettivi, senza chiare spiegazioni e troppo spesso senza trasparenza. E che sia stato così, senza spiegazioni e senza evidenze sufficienti, lo hanno confermato due Tar: prima quello dell'Emilia-Romagna, che per mancanza di presupposti sulla scelta di prolungare la chiusura delle scuole fino al 25 gennaio, ha annullato l'ordinanza del Presidente della Regione Bonaccini, e poi il tribunale amministrativo del Lazio che ha, rispetto alla chiusura delle scuole in zona rossa ed arancione, indicato al Presidente del Consiglio di rivedere i termini e contenuti del DPCM in scadenza il 2 aprile e di cui il Premier Draghi dovrebbe tenere conto nel nuovo decreto che sarà varato venerdì. A quel punto saranno anche più chiare, almeno come indirizzo politico e, speriamo, anche sul fronte dei dati, le indicazioni sulle scuole. Sarebbe auspicabile, come sarebbe stato opportuno ieri, supportare domani, con dati ed evidenze, il perché riaprire. E quali, dopo Pasqua, se si deciderà per la riapertura, come indicato da Draghi ed in cascata condiviso anche dal Presidente della Regione Bonaccini, saranno le condizioni per aprire in sicurezza. E' importante saperlo, perché in quei dati ed in quelle evidenze ed in quelle risposte che supporteranno la decisione di aprire o meno le scuole potremmo avere anche quelle risposte che fino ad ora non sono state date a supporto delle chiusure. E soprattutto per capire o farci una ragione di quello che potrebbe apparire come un ennesimo inspiegabile paradosso: la riapertura delle scuole fino alla prima media.
Gi.Ga.