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Covid, giornata vittime e ricordo di una pagina buia del rapporto medico-paziente

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In tutte le sedi sanitarie a suffragio delle 2.549 vittime modenesi. Decedute in un periodo dove, per la prima volta, vennero impedite le cure, e creata la più grande lacerazione nel rapporto medico e paziente


Covid, giornata vittime e ricordo di una pagina buia del rapporto medico-paziente
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Uniti in ricordo delle vittime per non dimenticare. Oggi le Aziende sanitarie modenesi - Azienda USL, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena e Ospedale di Sassuolo Spa – hanno dedicato un minuto di silenzio in tutte le proprie sedi, alle 12, in suffragio dei 2.549 modenesi deceduti ad oggi a causa dell’epidemia di Covid-19. 
Si tratta della terza Giornata nazionale in memoria delle vittime, istituita nel 2022.
'Il minuto di silenzio - affermano in una nota congiunta le aziende sanitarie modenesi (Ausl-Aou e Ospedale di Sassuolo), rappresenta un momento simbolico di profonda vicinanza alle famiglie, per stringersi idealmente a tutti coloro che hanno perso una persona cara a causa della malattia da parte di chi, come medici e infermieri, hanno lavorato instancabilmente in prima linea durante l’emergenza sanitaria, aiutando anche le stesse famiglie a superare il dolore in una fase senza precedenti'.

Una frattura forse insanabile nel rapporto tra medico e pazienti

Sicuramente senza precedenti, come gli anni che seguirono fino ad oggi hanno dimostrato, fu la scelta politica di interrompere di fatto, da protocollo, il rapporto non solo fisico tra il medico e paziente, ma anche la missione stessa dell'essere medico, impedendo ai professionisti di continuare a curare, con i mezzi a disposizione, lasciando migliaia di persone di fatto senza assistenza medica nella cosiddetta vigile attesa che sempre più spesso diventava una fatale attesa. Di un peggioramento che portava dal sostanziale abbandono domiciliare ad una forzata ospedalizzazione. Dalle conseguenze nefaste, per tanti, che giungevano in condizioni ormai disperate nei reparti e nelle terapie intensive dove due pazienti su tre intubati non sopravvivevano. 

E relegando ad una riserva di carbonari da scovare e condannare con la minaccia della sospensione della professione e la successiva radiazione dall'albo in caso di recidiva, centinaia di medici che in tutta Italia non si rassegnarono a stare fermi, a rinunciare al loro giuramento e che si attivarono, in rete, già dalla prima fase dell'emergenza, per curare al domicilio con farmaci a disposizione, o con telefonate, i migliaia di pazienti abbandonati e lasciati soli dal sistema. In attesa, appunto. E, una volta in condizione di aggravamento limite, divisi dalle loro famiglie e da ogni relazione, ospedalizzate senza nessun contatto, fino all'ultimo atto. In un copione che si ripeteva centinaia, migliaia di volte. Dentro agli ospedali e alle Cra. A morire soli, per protocollo. Con il personale all'interno dell'ospedale chiamato a supplire con l'umanità individuale un sistema lobotomizzante che obbligava a lavorare come soldati. Agli ordini di un potere e di una volontà superiore, legittimata ad operare a senso unico per applicare l'unico protocollo, reso quasi un atto fideistico, da uno stato di emergenza e dalla paura diffusa e sovralimentata che non concedeva nemmeno il dubbio e tantomeno l'umana riflessione. Un potere che in quella dimensione non si poteva e non si voleva discutere.

Non si sa se e quante persone avrebbero potuto essere salvate senza l'applicazione così rigida e limitante per la stessa missione e professione medica, dei protocolli, se non nella prima parte dove il caos regnava davvero sovrano, almeno nella seconda ondata di contagi. Non sappiamo se la commissione parlamentare di inchiesta riuscirà a fornire risposte su questo piano. Sui tanti piani su cui solo nell'ultimo anno si è iniziato a fare luce e dai quali hanno iniziato ad emergere crepe, contraddizioni, errori, malcelate responsabilità. Di una politica che ha agito con misure come il Green Pass, capaci di reprimere diritti costituzionalmente garantiti, compreso quello del lavoro, senza alcun presupposto scientifico, ad una scienza fatta politica che ha escluso dal suo gergo e dal suo agire anche la legittimità e la scientificità del dubbio, espresso ma rimosso anche dall'informazione di reti di scienziati e da un sistema massmediatico uniformato al pensiero unico eletto pietra di riferimento per definire ciò che è vero e ciò che non lo è.

Fatto sta che insieme al doveroso e unificante ricordo delle vittime è altrettanto doveroso, in una prospettiva futuro, non dimenticare quanto successe. Mai. 

Nella foto, una manifestazione organizzata per contestare i protocolli anti-covid

Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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