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Capodanno a Bologna: una odissea surreale, vittime di un parcheggio chiuso

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Mamme con bimbi in braccio, anziani e ragazzi impossibilitati a rientrare a casa in orario umano


Capodanno a Bologna: una odissea surreale, vittime di un parcheggio chiuso
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La decisione di inoltrarci verso il centro di Bologna nasce per caso, dato che la ricerca di un pub o una birreria qualunque aperti per mangiare qualcosa di poco impegnativo in compagnia nella zona Anzola-Valsamoggia risulta infruttuosa. Dopo l’apertura della tangenziale queste periferie sono particolarmente abbandonate: solo un susseguirsi di zone industriali e alberghi. Arriviamo in zona stazione verso le 22,30 e già si percepisce a pelle che la ricerca di un parcheggio sarà più impegnativa di quanto immaginassimo. Difatti è un peregrinare inutile di strada in strada fin quando decidiamo di utilizzare il parcheggio a pagamento P1 di via Matteotti adiacente all’avveniristica stazione dell’alta velocità: tutto bene, entriamo e c’è posto.

La scalinata illuminata della Montagnola e una via Indipendenza gremita di festanti ci contagiano, acceleriamo il passo tra le luci e la musica verso Piazza Maggiore, chissà quale evento sarà stato allestito in cotale scenario? Il brindisi ci coglie a metà strada, ma bene uguale: è un’esplosione di fontane di luce, petardi, scintillini (tutto a iniziativa di cittadini che autonomamente e anche un po’ incautamente accendono, appiccano e sparano in mezzo all’acciottolato). Finora il copione da San Silvestro è perfettamente performato: ma ecco pian piano entrare in gioco la parte oscura, la vera natura del paese dei balocchi, quando in balia della corrente umana ci troviamo nel pieno del gorgo di corpi che si ammassano, si spingono e si muovono davanti alla fontana del Nettuno (transennata in stile antisommossa per l’occasione).

È un attimo essere fagocitati e borseggiati: per non so quale provvidenziale ragione riesco ad evitare il prelievo con destrezza del portafoglio dalla mia borsetta nel momento esatto in cui una mano ignota senza volto collegato ad essa lo estrae dalla cerniera aperta davanti a me nonostante la tracolla mi sia ben adesa al corpo e protetta dalle braccia. Deo gratia evito il peggio, afferro saldamente il portafoglio, lo ricaccio dentro e istantaneamente vengo trasportata via dal magma di corpi che mi risputa cinquanta metri più avanti impensabilmente illesa: non mi capacito ancora di come non siano scoppiate risse o solo qualcuno non si sia sentito male lì in mezzo.

La strada comincia ora ad assomigliare ad un campo di battaglia dopo il conflitto: caterve di pattume ovunque, bottiglie e vetri rotti, tavolini e sedie impraticabili accatastati sotto ai portici. La dose è sufficiente decidiamo di rientrare e qui comincia il bello: ci troviamo in una ventina di persone davanti al cancello del parcheggio (parcheggio pubblico sottolineo a servizio della stazione centrale!) chiuse fuori poiché l’orario appeso sulla ringhiera in posizione assolutamente non visibile dall’auto in fase di entrata recita chiusura ore 24.00 apertura ore 5,30.

Il numero verde non risponde, i vigili suggeriscono di entrare dalla stazione e raggiungere il parcheggio dal seminterrato. Tentiamo, ma tutte le porte sono sbarrate, la stazione all’una di notte è inviolabile. Ci rechiamo ai binari e chiediamo lumi ad un poliziotto della PolFer che non fa altro che confermare l’infausta prognosi: le auto sono in ostaggio fino alle 5,30 non c’è nulla da fare. Sconsolati e affranti della nostra dabbenaggine nel credere che almeno la notte del 31 un buon senso avrebbe creato un’eccezione al regolamento degli orari iniziamo la ricerca di una camera d’albergo o altra soluzione economica improvvisata per trascorrere la notte.

Ore 2,30 unica camera libera in un tre stelle in cui ce la lascerebbero munificamente al vantaggiosissimo prezzo di 120 euro... anche no.
Altra strategia proviamo a chiamare un taxi: il nunero unico 051 4590 non risponde. I servizi privati sono in ferie. L’app dedicata TaxiClickEasy (voto 4.7 dagli utenti!) va in cortocircuito dopo l’invio dell’sms per confermare la propria identità.
Fallito anche questo tentativo capiamo che l’unica chance è gironzolare per il centro fino all’orario del tana libera tutti. Detto fatto: inizia l’orrore.

La stratificazione di pattume è aumentata a dismisura e per far fronte alla mole sono state schierate addirittura tre camionette dall’aspetto militare che coadiuvano l’opera di netturbini volonterosi, alle prese con ogni genere di rifiuti organici e inorganici. Viale Zamboni psichedelica per la cortina densa di fumi (petardi e altro) e per i lampeggianti di polizia e ambulanza. Il freddo inizia a farsi sentire e dovendo attendere ancora un’ora buona allo schiudersi del cancello maledetto decidiamo di rifugiarci in stazione, che nel frattempo si è trasformata in un accampamento di persone accovacciate per terra, negli angoli, sui gradini essendo completamente assenti panche, sedie e zone di ristoro. Dulcis in fundo anche le toilette sono sprangate e questo porta ad una amarissima constatazione: se è vero che questa politica di chiusura sia dettata dalla necessità di garantire sicurezza (dissuadere la presenza di spacciatori, borseggiatori e malviventi) è altresì vero che si ritorce pesantemente sull’utenza dei cittadini perbene facendo pagare loro un prezzo davvero insopportabile in termini di disagio e mancanza di servizi. E la beffa di trovarsi in queste condizioni in una serata che doveva essere all’insegna del divertimento e della piacevolezza accresce il senso di rabbia. Ben presto ci rendiamo conto che le nostre peripezie sono condivise da gran parte delle persone presenti, che non stanno attendendo un treno bensì come noi sono rimaste buggerate dalla chiusura irrevocabile di parcheggi che non hanno previsto neanche l’eccezionalità della notte di San Silvestro. Mamme con bimbi in braccio, anziani e ragazzi impossibilitati a rientrare a casa in orario “umano”. Alle 5 compare un agente della PolFer che apre una saracinesca e ci ritroviamo a percorrere gli interminabili corridoi e scale (che puzzano di piscio) di una stazione così avveniristica e tecnologicamente avanzata che ci ha lasciati zingari una notte intera: questa dicotomia balza come un pugno allo stomaco. Alle 5,30 l’inserviente del parcheggio ci libera definitivamente aprendo fisicamente con una chiave un cancello che anche un bimbo di terza elementare avrebbe progettato con un meccanismo temporizzato e comandato da una fotocellula per consentire l’uscita anche dopo l’orario di chiusura ad utenti entrati regolarmente entro le 24.
Ecco.
Fine di una storia amara.
Dall’esperienza si impara: a non commettere gli stessi errori due volte, a scegliere i divertimenti e anche, temo, a votare.
Che il 2023 possa essere un anno di revisione e di voglia di migliorare, i cittadini se lo meritano.

E.D.E.

Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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