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Sono un Tecnico della Prevenzione in piena età lavorativa, di sana e robusta costituzione ma costretto, dal governo dei migliori, alla inoperositá.
A casa, senza lavoro e senza stipendio dal mese di ottobre 2021, con l'unica colpa di essere un sanitario che non ha accettato l'iniezione di Stato.
Eppure sono lo stesso professionista che ad inizio pandemia, in un clima di incertezza diffusa e di paura, non ha cercato scappatoie.
Ho lavorato tutti i giorni in presenza, rifiutando lo smart working, effettuando molte ore di straordinario per aiutare i colleghi nella gestione dell'emergenza sanitaria.
Io che ho un debito contrattuale verso l'Agenzia di Tutela della Salute di Milano di 36 ore settimanali da lunedì a venerdì, mi sono trovato a lavorare anche di sabato e nei giorni festivi e perfino durante la festa del Santo Patrono Ambrogio, in servizio con abnegazione e serietà, per il bene della comunità.
A causa del lockdown, nel 2020, le attività da espletare sul territorio erano estremamente limitate e passavo intere giornate lavorative al call-center istituito appositamente per l'emergenza. Rispondevo a centinaia di richieste di cittadini, preoccupati ed allarmati per aver contratto il virus o perché qualcuno dei familiari era stato ricoverato per polmonite bilaterale o deceduto. Ascoltavo pazientemente i loro dubbi e le perplessità quando percepivano la triste realtà e cioè che nessun medico sarebbe andato a visitarli o a far loro un tampone a domicilio per verificarne lo stato di salute o che non avrebbero rivisto, per un ultimo saluto il congiunto defunto.
Leggevo e davo risposta alle e-mail dei cittadini che rientravano dall'estero o che dovevano partire anche solo per spostarsi di regione ed avevano bisogno di interpretare le confuse regole governative.
Partecipavo alle operazioni di contact tracing per individuare le persone venute a contatto con positivi ed avviarli alla quarantena.
Telefonavo ai contagiati per fissare loro un appuntamento nella struttura sanitaria più comoda per fare il tampone di guarigione.
Un lavoro quotidiano e massacrante soprattutto dal punto di vista psicologico perché dietro ad ogni contatto c'erano persone che soffrivano e morivano e delle loro pene ti rendevano partecipe.
Ero in prima linea quando si concretizzava nel capoluogo lombardo l'idea di aprire l'hotel Michelangelo ai covid positivi. Coinvolto dal direttore del dipartimento di igiene e prevenzione sanitaria in incontri preliminari e sopralluoghi tra funzionari comunali, regionali e prefettizi, partecipavo a riunioni dove tutti eravamo accompagnati dal timore di contrarre la malattia nonostante il distanziamento dagli altri operatori e l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.
Un 2020 da paura ma vissuto senza risparmio di energia anche dopo la riapertura di giugno, con la ripresa di ispezioni e controlli sul territorio cittadino per verificare il rispetto delle normative di prevenzione dell'infezione da coronavirus in attività artigianali come parrucchieri, estetisti e tatuatori.
Stessa cosa per il 2021 ma solo fino all'autunno.
Era il 15 di ottobre, un venerdì, e per quel giorno ero in ferie, quando l'A.T.S. di Milano mi ha fatto pervenire la PEC dell'immediata sospensione dal servizio. Ero in ferie e mi hanno lasciato a casa senza nessun preavviso, incuranti delle pratiche che avevo in trattazione, degli appuntamenti già concordati per i sopralluoghi sul territorio la settimana successiva anche con personale di altri enti, senza invitarmi ad un eventuale passaggio di consegne o a verificare eventuali urgenze da proseguire da parte di un mio sostituto. Niente di tutto questo, così come nessun cambio di mansione mi è stato proposto, prima della sospensione, come invitava di fare la normativa specifica.
Intendo dire che, invece di essere messo in disparte, avrei potuto continuare a dare il mio contributo alla comunità lavorando al call center, attività non proprio da tecnico ma che avevo imparato a gestire durante l'emergenza.
Ma tant'é e non sono stato il primo. Molti altri sanitari nella nostra povera Italia erano già stati sospesi prima di me e tanti altri dopo perché il governo dei migliori ha deciso che era giusto così.
Fino e non oltre il 31 dicembre 2021 recitava la prima comunicazione ed altre non ne sono arrivate. Ho dovuto chiamare personalmente l'ufficio risorse umane della ATS all'inizio di questo nuovo anno per sentirmi rispondere che la sospensione, secondo quanto stabilito dal susseguirsi di DPCM era da intendersi fino a giugno 2022 e che non avrei ricevuto ulteriori comunicazioni scritte.
Quindi fino alla metà di questo nuovo anno il governo ha stabilito che devo vivere senza stipendio e senza il mio adorato lavoro.
E da questo febbraio si è aggiunto l'altro obbligo vaccinale, quello per i cinquantenni.
Ma vedete, non è in tutto questo che si intravede la follia dei nostri governanti.
Un adulto come me, che non fuma e non beve e non gioca d'azzardo, di umili origini, abituato a vivere con poco, che sa recuperare un paio di scarpe usate ma in buono stato presso uno dei tanti centri della Caritas, che conosce i luoghi dove mettersi in coda assieme alle migliaia di poveri della città metropolitana di Milano per ricevere un pezzo di pane quotidiano, se la cava In ogni caso.
La follia di chi governa e amministra questa nostra povera patria la vede il genitore; chi ha messo al mondo delle creature e le ha educate a fidarsi della Giustizia e delle istituzioni e oggi si trova a constatare che la legge usa il manganello e carica pacifici manifestanti, siano essi lavoratori contrari al green pass o giovani studenti che protestano per un loro coetaneo morto durante l'alternanza scuola lavoro.
Il genitore soffre per le difficoltà che hanno i figli studenti quando non possono più usare il trasporto pubblico locale per andare a scuola.
Il genitore percepisce tutta la discriminazione che patiscono i figli quando per loro si chiudono le porte delle palestre, dei campi sportivi, delle sale da ballo. Quando devono rinunciare alla festa di compleanno di un compagno perché il locale dove si festeggia concede l'accesso solo a chi ha il lasciapassare governativo.
E in tutto questo che si manifesta la follia dei nostri governanti e pesa, pesa maledettamente il senso di ingiustizia che pervade l'animo del genitore.
E allora cosa rimane da fare se non raccogliere le energie rimaste, farsi coraggio, resistere e invitare anche gli altri, figli compresi, a resistere.
Resistere per il bene proprio è per quello di chi ha dovuto, non voluto, cedere al ricatto vaccinale.
Resistere per potersi guardare ancora allo specchio con rispetto, per essere testimone storico di questo triste periodo, per poter raccontare alle future generazioni che anche nelle avversità, se pure la sofferenza e tanta, non si deve rinunciare alla propria dignità.
E così come un tempo la resistenza si rifugiava tra le montagne anche oggi passeggiare nei boschi e andar per sentieri, cercare il contatto con la natura lontani dalle follie del green pass, aiuta a sopportare tutte le angherie dell'attuale regime in attesa che una qualche autorità terrena prima ancora che Divina chieda conto ai governanti delle malefatte perpetrate a danno di migliaia di famiglie italiane.
Giovanni Armando Costa - Tecnico della Prevenzione
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