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Da due anni ormai è stato approvato il PUMS 2030, Piano Urbano Mobilità Sostenibile, da parte del Comune di Modena. Un piano così ambizioso dovrebbe partire dai “fondamentali”: se voglio promuovere una mobilità sostenibile, spingendo le persone ad andare più spesso a piedi o in bici per coprire distanze medio-brevi, dovrei curare la manutenzione ordinaria di marciapiedi, ciclabili e strade.
Un cittadino residente in una delle frazioni del forese si scontra quotidianamente con lo stato di abbandono e degrado delle strade del suo territorio. Se lo stesso cittadino vuole provare ad essere green e sostenibile usando la bici per coprire il tragitto frazione-città, lo fa a suo rischio e pericolo visto lo stato, in alcuni tratti, pietoso in cui versano le strade: buche, fessure, avvallamenti, gradini tra la sede stradale e il confine con il fossato adiacente, mancanza di righe orizzontali bianche per delimitare la sede stradale.
In compenso non manca la segnaletica verticale, completamente nuova: il richiamo a non superare i 30 Km orari (quando mai una bici li supererà?), il segnale che avverte, anche ciclisti e pedoni, che la strada è deformata.
Manca solo il mitico segnale “buche sparse” che compariva in un'altra zona d'Italia su un famoso tratto autostradale diversi anni fa. Il forese si presta tantissimo a passeggiate domenicali a piedi o in bicicletta, quando il tempo lo permette. Inviterei gli assessori, i geometri, gli ingegneri, i tecnici comunali che si occupano di mobilità e lavori pubblici a farsi una pedalata nella zona compresa tra Cognento, Cittanova, Marzaglia. Strade riasfaltate a metà o a corsie alterne, segnaletica orizzontale rifatta solo in prossimità degli incroci, buche e fessure presenti sulla sede stradale da ormai tanto tempo che l’erba vi cresce rigogliosa. Cari amministratori e tecnici comunali la sostenibilità si fa nei fatti e non nelle parole o negli acronimi con cui ci piace citarla…
Daniela Rovatti (ciclocittadina convinta e irriducibile)
Redazione Pressa
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