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Caro Direttore,
credo che sulle mie affermazioni ci sia un fraintendimento, anche per la fretta che contraddistingue ogni dibattito a più voci.
Confermo che il parametro principale a cui fare riferimento, come prevede la legge italiana, sia il superiore interesse del bambino, che secondo la nostra Costituzione trova la più compiuta affermazione in una “società naturale fondata sul matrimonio”, cioè la famiglia. Per questo sono drasticamente contraria all’utero in affitto, pratica attraverso la quale si nega fin dall’inizio a un bambino il diritto di avere un padre e una madre e alle adozioni, da parte di coppie omosessuali, quando per ogni bambino da adottare d’è una lunghissima fila di coppie eterosessuali in attesa, regolarmente sposate e con tutti i tassativi requisiti previsti dalla legge.
Nel superiore interesse del bambino peraltro, già la legge in vigore riconosce la possibilità dell’adozione speciale, affidando il bambino al partner superstite della coppia omosessuale in caso di decesso del padre o della madre naturale.
Forse da qui è nato l’equivoco: nessuno in parlamento era contrario alle unioni civili per tutelare i diritti di chi convive anche in assenza del matrimonio: il problema nasce quando si vuole parificarlo al matrimonio e forzare la legge che ha escluso la step child adoption che avrebbe portato allo sdoganamento dell’utero in affitto.
Confermo allora che non c’è nessun problema ad applicare la legge riconoscendo una unione civile, ma non confondendola con un istituto totalmente diverso che è quello del matrimonio.
Anna Beatrice Borelli - Idea
Redazione Pressa
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