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Ieri, alle 16.20 ora locale e 21.20 ora italiana, le Forze Armate hanno suggerito a Evo Morales di rinunciare al suo incarico. Nel frattempo, il presidente boliviano ha preso un volo verso Buenos Aires. Lì, nella terra dei Perón e dei Kirchner, attenderà l'approvazione dell'asilo politico richiesto al governo del Messico.
Qualche ora dopo Morales ha annunciato le sue dimissioni.
A Sucre le tensioni si erano aggravate dopo che l'Organizzazione degli Stati Americani avesse rilevato delle irregolarità nel processo elettorale in cui Evo Morales si è proclamato vincitore. Va ricordato che, durante lo spoglio dei seggi, lo stesso Morales aveva deciso di sospendere il conteggio dei voti. Questa manovra gli ha dato l'occasione di inserire, a seggi chiusi, quel 10% che gli mancava per superare il proprio avversario.
Subito dopo la popolazione è insorta.
Minieri, indigeni, commercianti e soprattutto i giovani sono scesi in piazza per esigere la rinuncia di colui che, pur di conservare il potere, ha sempre aggirato la costituzione e le leggi del proprio Paese.
Non è bastato l'intervento di un Tribunale Elettorale composto dai militanti del suo partito, non è bastata la repressione né l'intimidazione. Il popolo ha perso la pazienza: l'elevato indice di corruzione, l'utilizzo dei fondi pubblici per arricchire gli oligarchi del MAS e, finalmente, il mancato rispetto al limite costituzionale dei due mandati così come alla volontà di un popolo che aveva già detto di no alla rielezione indefinita di Morales tramite referendum sono alcune delle cause che hanno innescato le manifestazioni degli ultimi giorni.
Per capire il malessere boliviano dobbiamo demistificare Evo Morales e capire come il presunto governo indigeno abbia fatto tutto tranne che favorire le rivendicazioni di questi ultimi. Stiamo parlando del governo che ha privatizzato la luce e l'acqua dei boliviano. Un governo caratterizzato dalla corruzione, dal clientelismo e da un'inconciliabile separazione tra discorso e prassi.
Poco prima di fuggire, Morales aveva annunciato nuove elezioni ma ormai era troppo tardi. Il popolo boliviano non avrebbe smesso di protestare e i militari si sarebbero schierati dalla loro parte.
Per concludere, possiamo dire con certezza che la rinuncia di Morales modifica gli equilibri dell'America Latina. Dopo la caduta di un autoritarismo alleato, chissà se Maduro, Ortega e Díaz-Canel dormiranno sogni tranquilli.
Estefano Tamburrini
Redazione Pressa
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