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Mentre sto scrivendo, leggo nelle notizie Ansa dell’ultima ora che sono iniziati i bombardamenti turchi contro postazioni curdo siriane. Ci sono dei popoli che paiono segnati dal destino, spinti a scomparire nell’indifferenza di tutti. E tra questi popoli vi è sicuramente quello curdo.
La Turchia di Erdogan vuole eliminarli, perché considerati terroristi e collegati al PKK: il Partito dei Lavoratori del Kurdistan che rappresenta un pericolo per l’egemonia del Presidente turco con la richiesta curda d’indipendenza da Ankara. Quindi, l’invasione dell’esercito turco nel nord della Siria è imminente, procederà quando l’artiglieria a terra e il fuoco dal cielo avranno reso inoffensiva la resistenza.
L’Europa, nella sua pochezza politica, guarda da un’altra parte e gli Stati Uniti non si è capito cosa vogliano fare: prima accendono il semaforo verde all’attacco e poi cambiano direzione e vanno in senso opposto, addirittura minacciando Erdogan di ripercussioni sulla già debole economia turca.
Gli eroi Curdi di un tempo, preziosi alleati degli USA nella guerra contro l’ISIS, che hanno versato un tributo di sangue enorme, non servono più. Devono togliersi dai piedi. Perché?
Il piano di Erdogan è chiaro da tanto tempo e volge a creare una “zona cuscinetto” al confine meridionale. Per avere le mani libere, ricatta l’Europa: se mi ostacolate, si riapre la via dei Balcani e vi fate invadere da 3,5 milioni di siriani rifugiati. Come vi dicevo, l’Europa dell’accoglienza, del “siamo tutti cittadini del mondo” e del “bisogna aprire le braccia a chi fugge dalle guerre...” ha inviato immediatamente un messaggio inequivocabile: fate pure!
Le intenzioni della Turchia sono quelle di occupare un’area di circa 30 chilometri dentro la Siria, una striscia di territorio lunga 480 chilometri che deve estendersi fino all'Iraq.
L’obiettivo è quello di contenere le milizie dell’YPG (Unità di Protezione popolare Curda), che Erdogan giudica estensione del PKK, da anni in lotta per l’indipendenza da Ankara.
È bene ricordare che le milizie dell'YPG sono state protagoniste per la liberazione di Kobane e di Raqqa dagli estremisti dello Stato Islamico. Per questi “eroi di un giorno” è stata una pugnalata alle spalle la decisione di Trump di ritirare il contingente americano dal nord-est della Siria, ma Erdogan fa più comodo a tutti che non il destino di 3 milioni e mezzo di Curdi.
La seconda ragione di questa azione di guerra è consentire il ritorno in patria di circa 2 milioni di rifugiati siriani. Queste le parole del portavoce turco Ibrahim Kalin: “Dobbiamo prenderci cura della sicurezza delle nostre frontiere e assicurarci che i rifugiati siriani tornino alle loro case in modo sicuro e volontario”.
Naturalmente, i Curdi hanno già dichiarato che lotteranno con le unghie e con i denti per difendere quello che considerano il loro territorio e la loro aspirazione: l’indipendenza. “Risponderemo a qualsiasi tipo di attacco”, ha detto Dalbr Issa, comandante delle YPG. “Le forze democratiche curde sono nate per difendere il nostro popolo. Come abbiamo risposto all’ ISISI sarebbe lo stesso anche contro un attacco dello Stato turco”.
La conseguenza di tutto ciò sarà che, comodamente seduti davanti ad un televisore, assisteremo ad una carneficina, perché la qualità e la quantità delle forza in campo non ha paragone: droni di ultima generazione, caccia di provenienza americana, carri armati tedeschi contro il coraggio e poco più.
In queste ore è in corso una mobilitazione di civili nelle città di Ras al-Ain, Tal Abyad e Kobane lungo il confine. “Saranno scudi umani per impedire l’avanzata turca”, ha dichiarato Arin Sheikhmous, attivista curdo di Qamishli.
La conseguenza di questa azione potrebbe anche essere una rinascita dello Stato Islamico: un’invasione da parte delle forze turche creerà circostanze che permetteranno all’ISIS di rifiatare e di riorganizzarsi. C’è da attendersi altri attentati. Da quando l’ISIS è stato sconfitto, migliaia di ex combattenti sono diventati prigionieri delle forze delle SDF (Syrian Democratic Forces) di cui i curdi sono una parte rilevante. Con l’attacco della Turchia, circa 12mila estremisti islamici non saranno più guardati a vista come ieri. “Molti dei nostri soldati provengono dalle città di confine e lascerebbero il loro posto nei centri di detenzione per andare a difendere i loro familiari” ha affermato il generale delle SDF Mazloum Kobani Abd. E le Nazioni Unite che fanno? Hanno espresso un inutile allarme per l’intervento militare della Turchia e stanno preparando piani di emergenza per assistere le persone che potrebbero fuggire verso sud. Applausi.
Massimo Carpegna