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Il Regno Unito e l'Unione Europea hanno raggiunto un nuovo accordo sulla Brexit sostitutivo di quello stretto tra Bruxelles e il governo della premier Theresa May lo scorso anno e che è stato sonoramente bocciato per tre volte dal parlamento britannico.
La notizia giunge proprio quando mancano due settimane esatte al 31 ottobre, data di scadenza del rinvio concesso da Bruxelles a Londra la scorsa primavera.
Boris Johnson esulta. “Abbiamo un nuovo grande accordo” scrive il premier britannico sul suo account Twitter. Egli chiede al parlamento di approvare l'accordo in modo da portare a compimento la Brexit una volta per tutte affinché il governo possa affontare “priorità come il costo della vita, il servizio sanitario nazionale, il crimine e l'ambiente”.
È una scena già vista. Già lo scorso autunno Theresa May esultò – probabilmente con toni meno epici e social – per il raggiungimento di un accordo con l'Unione Europea.
Tutto sembrava andare per il verso giusto. Poi la crisi della Brexit è esplosa tra le mura del palazzo di Westminster. Tre volte Theresa May presentò il suo accordo alla Camera dei comuni per l'approvazione e per tre volte il parlamento lo bocciò. L'incapacità di far ratificare al parlamento l'accordo di uscita dall'Ue ha portato alla fine prematura della carriera da primo ministro di Theresa May.
A Boris Johnson toccherà la stessa sorte?
Nell'attesa che passino le quarantotto ore che ci separano dalla risposta a questa domanda non possiamo far altro che prendere consapevolezza di due dati di fatto. In primis, l'ultima parola sull'uscita del Regno Unito dall'Ue spetta al parlamento britannico. Questo per dire che la notizia del raggiungimento di un nuovo accordo è certamente positiva ma l'entusiasmo di oggi va ridimensionato siccome potrebbe essere brutalmente annullato dalla votazione parlamentare di dopodomani.
Meglio non eccedere con l'ottimismo quindi.
In secundis, il governo Johnson non ha la maggioranza in parlamento. I democratici unionisti nordirlandesi (Dup), stampella parlamentare dei governi conservatori dalle elezioni del 2017 in poi, hanno già fatto sapere che voterrano contro. Il primo ministro quindi necessiterrà non solo della compattezza totale dei suoi ma anche dei voti di parte dell'opposizione laburista e liberaldemocratica. Tutti gli indizi suggeriscono che Johnson avrà parecchie difficoltà nel far approvare il suo accordo dal parlamento.
Se dopodomani Westminster dovesse votare contro allora sarà altamente improbabile che Londra esca dall'Unione il 31 ottobre con un accordo. E allora saremmo punto a capo, con la differenza che l'attuale inquilino del Numero 10 ha deliberatamente investito tutto il suo capitale politico sull'uscita dall'Unione, senza se e senza ma, entro la fine del mese.
Massimiliano Palladini
Redazione Pressa
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