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'La superbia precede la rovina, e l'alterezza di spirito precede la caduta'. Questa citazione è presente nella Bibbia, che contiene anche i Vangeli sui quali Salvini si è permesso di fare una specie di giuramento il 19 maggio in Piazza Duomo, a Milano. La frase si trova esattamente nel capitolo 16, versetto 18 dei Proverbi che, pur facendo parte dell'Antico Testamento, contengono degli insegnamenti e delle riflessioni centrali sui valori cristiani che lui dice di difendere. Anziché giurarci sopra, il leader del carroccio avrebbe fatto bene a leggersi qualche frammento degli stessi testi sacri che ha strumentalizzato senza alcun riserbo. Di sicuro certi passaggi biblici gli sarebbero tornati utili per evitare questo momentaccio.
Facendo un breve ripasso su quegli episodi ci si domanda: avrà capito Salvini che certi testi e simboli sacri non sono degli amuleti ma contengono dei messaggi che vanno interiorizzati, vissuti e approfonditi piuttosto che strumentalizzati? E anche se risposta la sa solo lui, è anche vero che l'albero lo si riconosce dai frutti, non è così?
Se si fosse comportato da vero credente, se avesse fatto più politica e meno apparizioni, se avesse agito con l'umiltà di un vero servitore dello Stato, se solo avesse pregato - almeno qualche volta - quel rosario che pochi giorni fa impugnava durante un comizio e, ripetiamo, se avesse letto quel Vangelo prima di giurarci sopra e, perché no, gli stessi Proverbi, Matteo non rischierebbe di fare la fine - quasi scontata - dell'altro Matteo.
E invece oggi le cose stanno in questo modo. Paura, preoccupazione e incertezza si sono impossessate del leader della Lega e del suo Partito che ora rischiano di fare un doppio flop rimanendo senza governo e senza voto. Proprio come l'altro Matteo, il Ministro degli interni ha innescato la maledizione di coloro che si avvicinano al 40%. Una maledizione che però non si avvera da sola.
In altre parole, non c'è alcun complotto dietro le quinte. Non c'è un meccanismo proteso a bruciare i leader carismatici sul più bello delle loro carriere ma è proprio la superbia ad offuscare il pensiero di chi, trovandosi in testa ai sondaggi cerca disperatamente di capitalizzare il consenso prima che esso svanisca.
In seguito, si pensa di potercela fare da soli, si inizia a fare a meno degli alleati; si sottovalutano le tempistiche, le circostanze e gli attori e si creano più avversari di quelli che si possano combattere. In generale, si è meno lucidi e si dà inizio alla fase del declino. L'avvio di questa fase lo si evidenzia in un altro errore commesso da Salvini: il fatto di tirarsi indietro riaprendo ai Cinquestelle, negando di aver detto di voler staccare la spina e dimostrando paura: un segnale di debolezza che Grillo, Conte e Di Maio hanno intuito subito cogliendo l'occasione per capovolgere i rapporti di forza.
Ora che al Senato è arrivato il giorno della resa dei conti e considerato che molto probabilmente il M5S e il PD daranno vita a una nuova maggioranza, quanto durerà questa strana convergenza? Potranno due attori - che hanno sempre litigato su tutto - aprire a un confronto sano e proficuo per gli italiani? Oppure la superbia farà cadere anche loro? Se invece si dovesse tornare al voto - ipotesi meno probabile - sarebbero in grado gli attori politici di fare una campagna all'altezza della situazione?
Dubbi nascono in ogni caso. I fatti indicano che, a quanto pare, i nostri politici non riflettono sul declino di una leadership carismatica ma tendono a diventare più superbi e affamati di potere.
In conclusione, loro passano ma la superbia resta sempre presente, si tramuta dagli uni agli altri e fa cadere tutti allo stesso modo.
Estefano Tamburrini
Redazione Pressa
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