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A poche ore dalla conclusione di questa pazza crisi di governo, salvo sorprese provenienti dal voto di Rousseau, Salvini appare sempre più chiaramente, almeno per il momento, il grande sconfitto degli sviluppi politici delle ultime settimane.
Salvini, dichiarando pubblicamente la fine dell'esperienza gialloverde, accese la miccia della crisi in pieno agosto. Poi palesò tutta la sua mancanza di “cultura istituzionale” atteggiandosi da bullo, prima intimando ai senatori di “muovere il culo” e poi chiedendo per sé “pieni poteri”.
Niente è andato secondo i piani del leader leghista. Il premier Giuseppe Conte, intenzionato a fare le cose come si deve, cioè a portare in parlamento la crisi, non si dimise e Salvini, forse per non forzare troppo la mano, non ordinò ai ministri leghisti di dimettersi.
Quando si rese conto che il presidente Sergio Mattarella non avrebbe sciolto il parlamento, Salvini ha fatto un clamoroso quanto imbarazzante retromarcia, chiedendo ai Cinque Stelle di tornare a governare insieme, giungendo persino ad offrire a Luigi Di Maio la carica di presidente del consiglio. Mossa disperata di chi si è reso conto che tutto sta andando alla rovescia.
Cos'ha fatto Salvini nel momento in cui Partito Democratico e Movimento 5 Stelle hanno iniziato a negoziare per formare un nuovo governo? In che modo ha sviato l'attenzione da quello che è stato un suo fallimento tattico, frutto di un'incompleta ponderazione degli eventuali sviluppi politici della crisi? Ha fatto ciò che gli riesce meglio; l'unico atteggiamento in cui è davvero coerente: ha puntato il dito contro un capro espiatorio, un presunto nemico esterno. E si è dato al complottismo spudorato.
Quando era un indipendentista padano che sputava sulla bandiera e cantava a squarciagola “Vesuvio lavali col fuoco”, Salvini puntava il dito contro “Roma ladrona”, il Mezzogiorno, l'euro e l'Unione Europea. Poi è diventato un nazionalista italiano, sovranista e populista, senza che ciò creasse scalpore né nella natia Padania né al Sud. Anzi la Lega nazionale di Salvini ha decuplicato i suoi consensi, a dimostrazione di quanto fosse campata in aria la narrazione della Padania come nazione oppressa dallo Stato italiano. Nella sua nuova veste di nazional-populista, Salvini ha trovato negli immigrati e nell'Unione Europea i suoi capri espiatori preferiti. In particolar modo ha fondato il suo successo politico inveendo contro i primi.
Ora che deve mascherare il fallimento totale della sua tattica politica, Salvini ha individuato nell'asse franco-tedesco il nuovo nemico contro cui aizzare i suoi sostenitori. Per distrarli dal suo fallimento. Il leader leghista ha dichiarato pubblicamente che la nuova maggioranza è nata all'estero, frutto di un'intesa tra Parigi e Berlino – facilitata dalle istituzioni europee e da chissà quali altri poteri forti – per contenere la Lega. Salvini si è spinto fino a bollare il Pd come “partito tedesco” e ha tirato in ballo esplicitamente la cancelliera Angela Merkel, a suo dire la mente dietro questa perversa operazione.
Siamo al complottismo più delirante. Se fosse vera almeno una virgola di quanto Salvini ha dichiarato nelle ultime settimane, lui sarebbe parte fondamentale di questo complotto internazionale, esecutore materiale d'accordo con francesi, tedeschi e poteri forti che non vogliono la Lega al governo. Per il semplice fatto che è lui l'artefice di tutto. Perché se si sta formando una maggioranza Pd-Cinque Stelle è grazie alla sua decisione di far saltare l'alleanza gialloverde.
La prassi di puntare sempre il dito contro un nemico esterno è l'unico elemento che accomuna il Salvini indipendentista padano con il Salvini nazionalista italiano. Il sovranismo, di cui Salvini si erge a leader, è una fase passeggera. Un ideale pieno di slogan e vuoto di contenuti che ha dimostrato tutta la sua inconsistenza in una fredda mattina autunnale, quando all'hotel Metropol di Mosca Gianluca Savoini s'inginocchiò e chinò il capo chiedendo rubli per i suoi “political guys”.
Massimiliano Palladini
Redazione Pressa
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