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Strage Bologna, dopo 39 anni i parenti delle vittime attendono verità

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Vale ricordare come nelle prime ore, sia il governo Cossiga, sia le forze di Polizia, hanno attribuito il motivo dell'esplosione a delle cause fortuite


Strage Bologna, dopo 39 anni i parenti delle vittime attendono verità
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2 agosto 1980. Come ogni sabato di mezza estate la stazione di Bologna era affollata. Lo era anche la sala d’attesa, dove turisti e passeggeri – di andata e ritorno – trascorrevano il loro tempo. C’era chi aspettava il proprio treno, chi invece aspettava qualche amico o parente. Qualcuno si era fermato semplicemente per fare una pausa, qualcun altro si sarà fermato senza motivo, semplicemente per far passare i minuti. Proprio in quella sala, costruita appositamente per trascorrere il tempo, qualcuno decise di alterare lo stato delle cose decretando la violenta fine di quell’attesa.

All’insaputa dei presenti nella sala, qualcuno abbandonò una valigia presso il muro portante dell’ala Ovest. La valigia conteneva circa 23 chili di esplosivi che furono detonati alle 10.25 di quel giorno facendo crollare il 90% del fabbricato. Secondo la descrizione fatta nell’edizione straordinaria delle ore 11.

55 di Radio Rai – GR1, esso era lungo circa 50 metri e “ospitava i locali del ristorante e delle sale di attesa di prima e seconda classe. Da una parte fiancheggiava la pensilina del primo binario, il fronte opposto dava sul parcheggio dei taxi…” descrivendo gli effetti collaterali dell’esplosione  su un treno in sosta al Binario 1 “macerie sono cadute anche sulla carrozza del treno straordinario 13534, Ancona-Basilea, che era in sosta sul primo binario. Ci sono morti e feriti anche tra i passeggeri di questo convoglio(…) E’ crollata anche la pensilina e, secondo i primi accertamenti, un tratto di un sottopassaggio”. Secondo la cronaca, la forza dell’urto ha mandato in frantumi i vetri degli edifici circostanti.

Dal 1987, la Strage di Bologna è stata seguita da Tre processi. Tra gli autori materiali condannati ci sono i membri del NAR Francesca Mambro e Valerio Fioravanti (Ergastolo).

Nel 2007, la Cassazione ha condannato per 30 anni Luigi Ciavardini e 10 anni dopo si rinvia a giudizio Gilberto Cavallini, allora appartenente al NAR, imputato di concorso in Strage. L’eventuale condanna di Cavallini, porterebbe a diverse contraddizioni nei confronti dei processi precedenti.

Nel primo processo è stato condannato per depistaggio il “venerabile” Licio Gelli, a capo della P2, insieme a Musumeci e Belmonte, ufficiali del SISMI e al collaboratore dei Servizi Francesco Pazienza. Secondo il Magistrato Libero Mancuso, i despistaggi erano già iniziati subito dopo la strage offrendo agli esecutori la possibilità di scappare. Vale ricordare come nelle prime ore, sia il governo Cossiga, sia le forze di Polizia, hanno attribuito il motivo dell’esplosione a delle cause fortuite.

Ieri i parlamentari di FdI hanno proposto una Commissione d’ìnchiesta sulla strage alla quale hanno aderito la Lega e il M5S con l’obiettivo di desecretare degli atti che, a loro avviso, indicherebbero la verità sulla bomba. La Commissione sarebbe di natura tecnica e non politica e verrebbe istituita con lo scopo di determinare i presunti intrecci interni ed esterni dell’esplosione che, in un giorno come questo, ha insanguinato la città di Bologna.

La strage ha lasciato un totale di 85 morti e circa 200 feriti e, ancora oggi, lascia attonita l’opinione pubblica e, soprattutto, i familiari delle vittime, molti dei quali cercano ancora delle risposte su questo episodio pieno di ombre, depistaggi e motivazioni inconfessabili. Su questa strage, così come su tutti gli Anni di Piombo, grava una certa impunità la cui estensione ci risulterà ignota almeno fino alla desecretazione degli archivi che contengono, forse solo in parte, le stesse verità che qualcuno ha avuto il lusso di portare con sé nela tomba.

 


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